STORIA DELLA CANZONE NAPOLETANA. 1932 - 2003 - Pasquale ScialòAutore: Pasquale Scialò
Curatore:
Titolo: Storia della canzone napoletana 1932 - 2003
Volume II
Descrizione: Volume rilegato, di cm 21,5 x 14; 336 pagine
Luogo, Editore, data: Vicenza, Neri Pozza,
Collana: I Colibrì, n. 21
ISBN: 9788854523838
Condizioni: nuovo
Prezzo: Euro 30,00
Disponibilità: In commercio

 


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Dopo aver illustrato la storia della canzone napoletana dal 1824 al 1931, il musicologo e compositore Pasquale Scialò ci guida, in questo secondo volume, nell’evoluzione della canzone napoletana dal secondo dopoguerra in poi.
DA TAMMURIATA NERA AL RAP E ALLA TRAP CONTEMPORANEE, PASSANDO PER CAROSONE E PINO DANIELE, LA GRANDE STAGIONE DELLA CANZONE NAPOLETANA IN UN VOLUME INDISPENSABILE PER TUTTI I SUOI NUMEROSI AMANTI. "Nanà, Nanù, Makabù, Evviva a tessera" si canta a Napoli nei primi anni Trenta: nomi esotici della canzone coloniale e grida di giubilo della propaganda fascista. Le canzonette di regime, tuttavia, non riescono per fortuna a occupare tutta la scena. Intorno alla metà degli anni Trenta non mancano infatti capolavori come Passione e, all'inizio degli anni Quaranta, gemme del genere comico come Ciccio Formaggio. È a partire dal secondo dopoguerra che la canzone napoletana sviluppa con nuove forme la sua costitutiva natura ibrida, rielaborando alla sua maniera le nuove tendenze che avanzano sulla scena musicale internazionale. Da Tammurriata nera e Pistol packin mama dell'immediato dopoguerra si passa agli anni Cinquanta, in cui, accanto a canzoni destinate a permanere (Sciummo, Lazzarella, Guaglione, Tu si na cosa grande), si inaugura il «bainait» napoletano con i suoi innesti fra tradizioni locali e matrici d'oltreoceano (Nun è peccato, Anema e core, Accarézzame!, Na voce, na chitarra e o ppoco e luna) e in cui Renato Carosone si fa largo prepotentemente sulla scena a tempo di boogie woogie e quick step. Poi arriva la stagione irripetibile degli anni Settanta, nella quale tendenze diverse convivono come in un arcipelago formato da isole immerse nel mare della lingua napoletana (James Senese, il rock progressive degli Osanna, il giovane music maker Pino Daniele e, negli stessi incredibili anni, la sceneggiata di Mario Merola e Pino Mauro e la nuova canzone sottoproletaria di Patrizio e Nino DAngelo), fino ai neomelodici e ai singolari esiti del nuovo Millennio, in cui il rap e fenomeni come Liberato pongono allo studioso problemi di non facile risposta. Su questa ampia scena musicale si snoda il racconto della canzone napoletana dal 1932 al 2003, in un'appassionante narrazione che mescola costume, documenti musicali, interviste inedite, immagini, letteratura, cinema, teatro, clip. Una storia lunga e articolata, che include testi originali con traduzione a fronte, una bibliografia ragionata e un indice dei nomi dei protagonisti e delle canzoni citate.

Nel secondo dopoguerra, con la diffusione del Jazz in Italia, si afferma e domina la scena musicale Renato Carosone, che mescola ai ritmi della tradizione napoletana le melodie e gli strumenti del jazz, dando origine a un differente stile che segna l’inizio di una nuova fase nel panorama musicale partenopeo che si evolverà con gli anni settanta.

La canzone napoletana classica, che vede il suo apice fino alla prima metà del Novecento, subisce un punto di rottura nel 1970, quando si conclude il Festival della Canzone di Napoli. La produzione della canzone napoletana tende a perdere il legame con un passato colto e classico e diventa espressione del sottoproletariato urbano.

Dopo gli anni Settanta, la situazione cambia molto, i parolieri provengono dallo stesso strato sociale popolare dei fruitori della canzone napoletana, ci si allontana da quell’opera cantata classica, ed inizia la nuova epoca dei cantanti napoletani neomelodici.

L’OPERA
Il musicologo e compositore Pasquale Scialò riprende il suo racconto sulla canzone napoletana escrive il secondo volume, dal 1932 al 2021, come un appassionante romanzo che mescola documentazione musicale, immagini, letteratura, cinema e teatro. Dalle canzonette coloniali del periodo fascista dedicate alla Piccola abissina, a quelle di fine guerra come Tammurriata nera, si arriva ai primi Festival della canzone napoletana degli anni Cinquanta, mentre si diffonde la dolce vita del “bainait” napoletano con Nun è peccato e Anema e core. Intanto Carosone prende la scena con una canzone caricaturale e rinforza i legami tra melodia napoletana e musica d’oltreoceano. Poi, dopo un inaspettato ritorno alle forme tradizionali con Sergio Bruni negli anni Settanta con Carmela, scendono in campo le nuove generazioni: da D’Angelo a Patrizio, che pongono le basi per una canzone plebea, cosiddetta neomelodica, fino agli Osanna con il loro rock.

In un clima vulcanico, detto “neapolitan power” che si avvale anche della presenza di James Senese, emerge come giovane music maker Pino Daniele che partendo dai paesaggi sonori della sua terra li contamina in ogni direzione creando un blues metropolitano, tanto autoctono quanto internazionale. L’ex scugnizzo Enzo Gragnaniello invece compone Cu mme interpretata da Roberto Murolo e Mia Martini. Nei vicoli e nelle periferie si diffondono, specie attraverso la riproduzione illegale di cassette e cd, prodotti trash e trivial di autoconsumo, accanto ad altri legati ai repertori di mala, abitati da latitanti e vite marginali: il rap e la trap sono dietro l’angolo e risuonano nei diversi luoghi della città e della periferia. Questa lunga e articolata storia di una musica viva e dei vivi di Napoli città cantante viene narrata senza pregiudizi con tono riflessivo, include testi originali con traduzione a fronte, link di riferimento per l’ascolto dei brani, una bibliografia ragionata e indice dei nomi di tutti i protagonisti. La copertina del volume è dell’artista Mimmo Paladino.

COME COMINCIA
A partire dagli anni Venti del Novecento,periodo che vede la nascita, l’affermazione del fascismo e poi la guerra, la scena musicale napoletana, come spesso accade nella cultura partenopea, registra la convivenza e l’intreccio di più correnti. Così accanto a creazioni dal timbro classico come Napule è na canzone, Silenzio cantatore, Canzone appassiunata, Chiove, L’addio, si trovano brani in lingua dai colori esotici: La danza Ma-ka-bù «che si fa tra i mambù/ (…) colle gambe sempre in su» o il foxtrot di Nanà «Col suo vestito di seta,/ che nella plasticità/tutta ti mostra completa!» 

L’organizzazione delle Piedigrotte musicali viene affidata all’Opera Nazionale Dopolavoro (O.N.D.), un organo politico che dal 1925 gestisce il tempo libero, da quello sportivo a quello turistico-culturale, e plasma i diversi aspetti della vita e del costume
dei cittadini.
Si afferma in questi anni una aperta avversione verso la canzone straniera, come ci ricordano, nel 1926, Ernesto Murolo e Ernesto Tagliaferri con la loro Tarantella internazionale:

Qua’ spagnola, qua’ americana?
Ma so’ ccredono o fanno apposta?
Chest’è musica paisana!
Chest’è pane da casa nosta!
Chist’è Napule quann’abballa
Tarantella tarantè!
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