IL PRESEPE FAVOLOSO DEL RIONE SANITÀ - AA.VV.Autore: AA.VV.
Curatore: Carlo Avilio
Titolo: Il Presepe Favoloso del Rione Sanità
Sottotitolo:
Testo di Pietro Gargano.  Interventi di Antonio Loffredo, Federico Vacalebre, Peppe Barra, Gianluigi Freda. Fotografie di Sergio Siano
Abstract inglese del testo di Pietro Gargano e traduzione a fronte della prefazione di Paolo Giulierini. Didascalie e appendice in italiano e inglese. Traduzioni a cura di Carlo Avilio e Porsiana Beatrice
Prefazione di Paolo Giulierini, Direttore del MANN
In appendice: I Personaggi del Presepe. The Nativity’s Characters
Descrizione: Volume in formato 4° (cm 30 x 24); 96 pagine; immagini a colori; copertina cartonata; stampato su carta Fedrigoni Tatami Symbol
Luogo, Editore, data: Napoli, Edizioni San Gennaro
Collana: I Ponti
ISBN: 9788832087314
Condizioni: nuovo
Note: I proventi delle vendite sono destinati alle finalità istituzionali della Fondazione di Comunità San Gennaro Onlus.
Prezzo: Euro 35,00
Disponibilità: In commercio

 


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Il Presepe Favoloso, donato da La Scarabattola dei maestri presepari Scuotto alla Basilica di Santa Maria della Sanità, apre una porta tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Mescola angeli e diavoli. È un presepe vivente anche perché attacca mali contemporanei – vedi il razzismo, le discriminazioni sessuali, il finto perbenismo – pur impiegando elementi della tradizione.
Ad esempio appare l’angelo nero. Ad esempio appare Ciruzzo ‘o Nirone, che rimanda all’affamato dopoguerra napoletano, al criaturo niro niro della canzone Tammurriata nera. La Madonna è vicina a una bimba di origine africana. Un corteo di suonatori turchi saluta la nascita del Salvatore. Islam ed Europa uniti da una favola bella e da un mare misericordioso e crudele. Rappresentarne tanti è un auspicio di integrazione. Nella visione in purezza degli Scuotto, una donna nuda può diventare più devota di un rosario, il Pulcinella dalla maschera bianca un segno dell’accogliente tolleranza di Napoli. Dall’altro lato gli schiavi ammoniscono: la barbarie non è finita! Il lavoro di famiglia vuol provare che il presepe segue e anticipa le convulsioni e i sogni del tempo, della storia, partendo da una città che dell’ambiguità è l’ombelico. Obiettivo popolare, non provinciale.

Tradizione e innovazione

Non è solo un’opera d’arte in cui la lotta tra tradizione e contemporaneità si risolve con una sintesi che tocca il cuore a credenti e non, ma anche un contributo importante al dibattito su come lavorare sulle nostre tradizioni. Gli Scuotto, in fondo, guardando a De Simone, operano sui loro pastori come la Nuova Compagnia di canto Popolare (Nccp) fece su villanelle e moresche, riscoprendone il più profondo senso, restituendole con rispetto al nostro vivere contemporaneo.
Una scarabattola in vetro e corten

È nascosto in una sala dietro l’altare, protetto da una teca di cristallo. Si sviluppa in altezza tra paesaggi vertiginosi che alternano monumenti antichi con marine, appoggiato ad una riproduzione di un banco tufaceo che può essere visitato circolarmente. Qua e là, sono rischiarate dalla luce alcune scene grandiose la cui regìa si deve anche al restauratore e scenografo presepiale Biagio Roscigno. Nel percorso che va dalle Catacombe di San Gennaro alla soleggiata San Martino, quasi una citazione dantesca dalla tenebra alla luce, si notano personaggi strani, talora al limite del mitologico e del mondo pagano, oppure chiari riferimenti alla tradizione antropologica napoletana: il diavolo travestito da oste, Giacomino Santella che incarna il nuovo Benino, il pastore portafortuna che dorme e che sogna, gli scugnizzi, la processione degli incappucciati, la zingara-sibilla, il monaciello, il lupo mannaro, il bimbo che palleggia con l’arancia, troppo simile ad un Dio da poco scomparso.
Una sorta di danza dei verdisci, dove tutto diventa uno spettacolo del presente, diventa ipnotica. C’è tutta l’umanità che si mostra nello spazio e nel tempo, con le proprie speranze, le angosce, talora l’aspetto più tetro della cruda violenza, della paura personificata, della superstizione. Si tratta di una allegoria di quanto l’uomo può arrivare a pensare, costruire, distruggere al contempo: vette ed abissi, cieli ed inferi, come Napoli, come la Sanità.
Un mondo sospeso

I diavoli erano scomparsi dagli apparati presepiali, gli Scuotto li hanno recuperati, e sono una folla. Si attestano alla frontiera tra Bene e Male, Luce e Tenebra, Morte e Resurrezione, Sapere e Ignoranza, Sacro e Profano, Ricchezza e Miseria, Abbondanza e Carestia. È la benefica coesistenza degli opposti, nella città teatrale aperta alla convivenza e speranzosa nella redenzione. È un Mondo Sospeso.

I demoni sono in bilico sull’abisso, come Napoli da più di duemila anni. E però Napoli è sempre viva, unica grande civiltà sopravvissuta nei millenni.

 


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