Una città, il Regno: istituzioni e società a Capua nel XV secolo  Francesco SenatoreAutore: Francesco Senatore
Titolo: Una città, il Regno: istituzioni e società a Capua nel XV secolo
2 tomi indivisibili
Descrizione: Volume in formato 8° (cm 23 x 15); pp. XIV - 1153 complessive; illustrato
Luogo, Editore, data: Roma, Istituto Storico Italiano per il Medioevo, 2018
Collana: Nuovi Studi Storici. N. 111
ISBN: 9788898079759
Prezzo: Euro 90,00
Disponibilità: In commercio

 


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Premessa
Terza città del regno di Napoli, Capua fu nel corso del basso Medioevo e dell’età moderna il vertice di un distretto intermedio tra la monarchia e almeno altri due livelli amministrativi inferiori, la Foria, distinta per un certo periodo in due Forie, e i singoli casali o raggruppamenti di casali, indicati con il nome di ville. Si trattava di una città molto ricca, di enorme importanza strategica per la monarchia meridionale, da cui dipendeva direttamente, essendo parte del demanio regio. Nel 1490 Capua contava circa 3750 abitanti, può dunque essere considerata una città grande se si adottano i parametri di urbanizzazione dell’Europa centrale e dell’Inghilterra, non quelli, inadatti al nostro caso, dell’Italia comunale. Nel suo distretto, costituito da una quarantina di centri abitati dalle più varie caratteristiche (centri fortificati, villaggi aperti, quasi città) abitavano circa 11250 persone, il 75% della popolazione complessiva, e tutte erano, giuridicamente, cittadini capuani.

A partire dal 1460-61 Capua acquisì due dipendenze extraterritoriali – caso questo piuttosto raro nel regno di Napoli – Castel Volturno e Calvi.
Il territorio di Capua, con le dipendenze, arrivava a 537,2 km2.

Nella parte I di questo volume sono studiate le istituzioni e la società a Capua nel Quattrocento: il cap. 1 è dedicato alla città (profilo demografico, importanza politica, ius proprium) e al suo territorio (giurisdizione, distrettuazioni intermedie e dipendenze, terre aperte).

Il cap. 2 presenta l’apparato amministrativo di Capua (ufficiali e collegi), sia quello regio che quello municipale, come vedremo strettamente intrecciati, identificando l’oligarchia politica che controllava l’università e gestiva il rapporto della città con la Corona.

Il cap. 3 analizza le finanze dell’università (entrate e uscite, debito pubblico), un argomento quasi del tutto negletto nelle ricerche sulle città meridionali in epoca medievale.

Il cap. 4 presenta il centro urbano di Capua, detto Capua corpo per distinguerlo da Capua-distretto («Capua e casali», «Capua e Forie»), dal punto di vista materiale e immateriale. Si analizzeranno cioè sia gli spazi fisici della città, sia la sua rappresentazione ideologica da parte delle élites urbane, che non coincidevano con l’oligarchia politica.

Questi quattro capitoli sono aperti da un paragrafo di presentazione, che ne sintetizza i punti principali.
Il cap. 5, a mo’ di conclusione, riprende alcuni argomenti per identificare, a un livello più generale, i caratteri del regno di Napoli nel Quattrocento, e di una città che ne faceva parte, riflettendo su alcune questioni con riferimento agli studi sullo Stato, sul Mezzogiorno, sulla città.
Una gran quantità di informazioni è raccolta in sei appendici, corrispondenti ad altrettanti repertori degli statuti, dei centri abitati, degli uffici e dei collegi, degli appaltatori, dei creditori, di biografie di Capuani.

Il lavoro è fondato su un ricco corpus di fonti primarie costituito dagli statuti di Capua, dai registri consiliari dell’amministrazione locale, dalle lettere dei sovrani aragonesi, dai registri Partium della regia Camera della Sommaria. Presentiamo brevemente queste fonti.
Gli statuti di Capua (1270-1501), ovvero gli atti normativi emessi dal re, dagli ufficiali regi, dai due collegi cittadini (privilegi, mandati, lettere, regolamenti, ecc.), in buona parte già conosciuti ma mai studiati sistematicamente, sono stati repertoriati in una delle Appendici.
Per registri consiliari intendiamo i cosiddetti «quaterni de sindacato» in cui il sindaco di Capua corpo, rappresentante della locale amministrazione municipale (universitas), registrava le riunioni dei collegi capuani (i Sei eletti e il Consiglio dei Quaranta), le delibere, le lettere spedite e ricevute, le spese, le nomine di ufficiali.
I Quaderni (1467-94) sono editi integralmente nella Parte II dell’opera, in ragione della loro rarità e complessità, oltre che della loro straordinaria ricchezza informativa. Le lettere dei re (ma anche dei loro familiari e cortigiani) consistono in 73 missive (1467-97), alcune copiate all’interno dei Quaderni, altre pervenuteci in originale, edite anch’esse nella Parte II.
Esse furono dirette all’università, ai suoi rappresentanti, al capitano di Capua e ad altri ufficiali regi in difesa dei diritti di Capua. I registri Partium (ne sono stati spogliati una quarantina dal 1468 al 1503) contengono lettere spedite dalla regia Camera della Sommaria, su istanza di singoli o comunità, ad ufficiali ed appaltatori del re e di altre autorità. La Sommaria si occupava dell’esazione fiscale per conto della Corona, cumulando funzioni amministrative, contabili e giudiziarie.
Come si vede, si tratta di documenti prodotti dal vertice del regno e dall’università, conservati nell’Archivio di Stato di Napoli e nell’Archivio comunale di Capua (all’interno del Museo Provinciale Campano di Capua), uno dei più importanti archivi storici comunali d’Italia. Insisto su questo punto perché sono convinto, e la ricerca su Capua ritengo lo dimostri a sufficienza, che non è possibile studiare le città meridionali senza studiare il regno, né studiare il regno senza studiare le città.
Questa convinzione giustifica il titolo del volume, che è al tempo dedicato al regno di Napoli, in quanto «monarchia amministrativa», regolata da un corpo normativo di antica origine, pur rinnovato ininterrottamente, e fondata su un efficiente apparato amministrativo che innervava tutto il territorio e su una rete di solidarietà e legami personali; e ad una singola città, che aveva senz’altro caratteristiche specifiche rispetto a tutte le altre, pur condividendo lo stesso quadro giuridico e politico di riferimento. Il titolo contiene due vocaboli: istituzioni e società, a richiamare tanti studi del Novecento di impianto sistematico.
Prima ancora di indagare le pratiche sociali e l’identità, temi cari alla ricerca corrente, e di comparare le città del Mezzogiorno a quelle di altre parti d’Europa, ho ritenuto fosse indispensabile imitare quei lavori di impianto tradizionale effettuando un’immersione prolungata nella documentazione primaria, che è abbondante e spesso inesplorata, a dispetto di chi spiega la perdurante scarsità di ricerche sulle città e persino sul regno di Napoli con le dispersioni documentarie.
Sono troppe, infatti, le cose che non sappiamo sul regno nel Quattrocento, un periodo cruciale per la stabilizzazione degli apparati monarchici e la formazione di una società politica nel senso utilizzato da Pietro Corrao in alcuni suoi studi.
Le dispersioni documentarie ci sono state, certo, ma non giustificano l’attenzione del tutto insufficente a una serie di questioni, che si tenterà di affrontare in questo volume grazie alla sistematicità degli spogli documentari: i caratteri del territorio cittadino nel Mezzogiorno, la posizione della città nella costruzione monarchica dello stato, l’interrelazione politica e finanziaria tra la Corona e le cittadinanze, le competenze degli ufficiali regi territoriali, la struttura e il funzionamento degli uffici dell’università, il profilo sociale e professionale dell’oligarchia politica che monopolizzava il governo locale, il suo rapporto con le altre élites urbane, con gli abitanti dei centri rurali soggetti alla città, con il re ed il suo entourage.
Su tutti questi aspetti si tornerà nelle conclusioni, intitolate La costituzione del regno (cap. 5), un titolo mutuato da Giancarlo Vallone, perché in quella sede si sintetizzaranno le principali proposte interpretative sulla natura del potere – monarchico, cittadino – nel regno di Napoli durante il periodo considerato. Istituzioni e società, dunque, non sono da intendersi come categorie rigide, separate sulla base della nostra esperienza del presente, ma semplicemente come una comoda, benché imperfetta, definizione modernizzante di tutti gli aspetti che costituivano una struttura territoriale e sociale quale era una città di antico regime, fondata su norme, pratiche, valori che non possono essere compresi prescindendo dal Regno nel suo complesso.
In una premessa sarebbe opportuno discutere la storiografia ed esibire la metodologia usata. Quanto è stato appena detto dovrebbe aver chiarito che la ricerca è proceduta empiricamente, sul modello dei lavori di Mario Del Treppo e di Pietro Corrao sui regni aragonesi, rispettivamente, di Napoli e di Sicilia.
Le risposte alle sollecitazioni storiografiche, sia che provengano dagli studi sul Mezzogiorno tra XIV e XVI secolo che dagli studi comparativi sulle «origini dello Stato», legati al magistero di Elena Fasano Guarini e Giorgio Chittolini, saranno date nel corso del lavoro, ma sia chiaro fin d’ora che esso, nel suo complesso, rifiuta un approccio basato su opposizioni semplicistiche e direi triviali, abbastanza insidiose da far capolino nel discorso storiografico quando meno ce lo si aspetta: quella tra centro e periferia, o Corona e città, del tutto incongrua quando si parla di una monarchia plurisecolare come quella meridionale, e quella tra i Comuni dell’Italia centro-settentrionale e le città dell’Italia meridionale, che è stata demolita a sufficienza da alcuni studiosi da non meritare che se ne parli qui (qualcosa si dirà al riguardo nel capitolo 5). [...]
Napoli, 1° settembre 2016

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