l inferno della poesia napoletana secondo federico salvatoreCuratore: Federico Salvatore
Titolo: L'Inferno della Poesia Napoletana secondo Federico Salvatore
Sottotitolo: Versi proibiti di Poeti contemporanei
Descrizione: Volume in formato 8° (cm 24 x 17); 255 pagine; illustrazioni in b/n nel testo
Luogo, Editore, data: Napoli, Adriano Gallina, dicembre 2018
Collana: 
ISBN: 9788895142340
Prezzo: Euro 25,00
Disponibilità: In commercio

 


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Dopo oltre 30 anni dalla pubblicazione del volume curato da Angelo Manna “L'inferno della poesia napoletana”, viene ora proposta un'edizione omonima che raccoglie poesie erotiche di Federico Salvatore ed altri autori contemporanei.
La basilare ricchezza delle "scurrilità poetiche" raccolte in questa antologi poetica è la lingua napoletana, che non è un comune dialetto in quanto solo nel nostro lessico si ritrovano espressioni e forme provenienti da un numero incredibile di idiomi: greco, arabo, latino, provenzale, normanno, catalano.

Il napoletano è l'unica lingua che, in tema di escrementi, distingue lo stronzo prodotto dall'uomo da quello prodotto da altro animale.
Lo stronzo 'umano" per i napoletani è 'o strunzo verace, di forma compatta e cilindrica, che differisce dallo strunzo annuccato, che è a forma di ciambella e terminante nella parte alta con un fiocco caratteristico.

L'espressione 'o strunzo mmiezo, che intende colui che in una lite fa da paciere, ha origine dal mito di Ermes (il dio Mercurio dei romani) che sul monte Citerone si imbatté in due serpenti che combattevano fra di loro. Per porre fine alla lotta, Ermes gettò fra i due contendenti, la verga d'oro regalatagli da Apollo e i due serpenti vi si attorcigliarono, immobilizzandosi. Pertanto, il bastone alato che separa i due serpenti (il caduceo), oggi simbolo delle farmacie, in senso figurato, diventa 'o strunzo mmiezo per i napoletani.
Con tali presupposti espressivi, possiamo quindi assicurare ai lettori che la forza dei poeti che presentiamo è tutta nel linguaggio: un linguaggio grasso come na zuppa 'e carnacotta e sapido come 'na menesta mmaretata!

Quando mi hanno sottoposto i manoscritti degli autori di quest'opera, ero giù di morale, ma dopo averli letti, mi hanno risollevato anche .. .l'immorale!
Giochi di parole a parte, vi sono dei valori che sopravvivono nonostante tutto; valori che non invecchiano e non cambiano.
La goliardia non è morta e non potrà mai morire, finché ci sarà un uomo libero a cantare una canzone sboccata o a scrivere dei versi licenziosi, che scandalizzeranno i falso-pudoristi, quelli che Angelo Manna definiva: i signori del piano di sopra, sporchi di dentro e lindi e pinti di fuori!

Ne ha uccisi più la cultura che la bomba atomica! Ed io, cultore inarrestabile di storia patria e di letteratura dialettale napoletana, per puro divertimento, ho voluto emulare i grandi autori del Seicento che firmarono e pubblicarono le loro opere servendosi di anagrammi e pseudonimi: Giovan Battista Basile, autore del favoloso Pentamerone,” Lu cunto de li cunti”, usò lo pseudonimo anagrammatico di Gian Alesio Abbattutis; il vescovo Pompeo Sarnelli, che imitò il Basile con la sua graziosa Posilecheata, si servì dell'anagramma di Masillo Reppone; Felippo Sgruttendio, misterioso autore del canzoniere dialettale “La tiorba a taccone", probabilmente un nome fittizio usato dal poeta Giulio Cesare Cortese, che volle unire nel suo pseudonimo le emanazioni del ventre (Felippo = da felippe = scorreggia non rumorosa) e dello stomaco (Sgruttendio = da sgrutto = rutto, eruttazione), come supremo oltraggio a Cecca, la dama protagonista del suo canzoniere.
All'arguto lettore lascio la curiosità di scoprire quali autori di questa antologia altri non sono che anagrammi.
Dalla Prefazione del curatore Federico Salvatore


Versi di:
Federico Salvatore
Carola De Torfivese
Ernesto Defecarlo
Fra' Saverio Decolte'
Felice Toro d'Aversa
Corrado Festalieve
Salvatore Esposito
Luigi Conte
Gennaro Esposito
Roberto Di Roberto
Maurizio Morante
Peppino Esposito
Giuseppe Silvestri
Pasquale Gallifuoco
Eduardo Carità
Ernesto Nocera

 


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