memorie di remy d hauteroche e antoine grandjean roberto avatiCuratore: Roberto Avati
Titolo: Memorie di Remy d'Hauteroche e Antoine Grandjean
Traduzione commentata
Sottotitoli: Ufficiali Francesi del 20° Reggimento di Linea impegnati in Calabria tra il 1807 ed il 1810
Presentazione del Col. Salvatore Moschella
Descrizione: Volume in formato 8° (cm 23 x 15); pagine 137.
Luogo, Editore, data: Polistena (RC), Arti Poligrafiche Varamo Srl, 2018
Collana: 
ISBN: 
Prezzo: Euro 15,00
Disponibilità: Limitata

 


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"Saluto con piacere ed accolgo con vivo interesse, l'ennesimo sforzo intellettuale di un attento custode della memoria storica del nostro territorio quale è l'ing. Roberto Avati. Questa nuova iniziativa editoriale, un importante evento culturale per la nostra regione, apre un ulteriore squarcio di conoscenza su un significativo periodo storico della Calabria, il cosiddetto “decennio francese”, decisivo per l'apporto dirompente di modernizzazione che ebbe sul secolare immobilismo borbonico del nostro territorio, fino ad allora immerso nel più buio medioevo.

La nuova opera libraria che presento, la traduzione commentata delle memorie di due ufficiali francesi in forza al 20eme regiment d'infanterie de ligne, in quegli anni di presidio in Calabria, i tenenti Antoine Grandjean e Remy D'Hauteroche, accende nuove luci su questo periodo storico e fa rivivere il territorio calabrese ed i suoi abitanti. Questi soldati appartenenti alla Grand Armée, protagonisti di quegli anni, dal loro osservatorio privilegiato, furono attori e testimoni di fatti avvenuti tra il 1807 ed il 1810 che videro direttamente e vollero descrivere.

Questa lettura, quindi, ci può essere di aiuto a meglio comprendere la nostra terra e le sue molteplici problematicità, molte delle quali, ahimè, dopo due secoli, ancora non risolte. Nel Natale del 1805, Napoleone, vittorioso ad Austerlitz, appena firmata la pace di Presburg intraprese la detronizzazione dei Borboni di Napoli, i quali avevano avuto l'impudenza e l'imprudenza di siglare un accordo militare segreto con le due potenze della terza coalizione antifrancese che consentirono a contingenti militari britannici e russi di sbarcare a Napoli, nel medesimo momento in cui il ministro plenipotenziario di Ferdinando IV, marchese Del Gallo, firmava a Parigi un patto di neutralità con la Francia. Il 37° bollettino della Grand Armée, datato 26 dicembre 1805 da Schonbrunn, annunciava perentorio “il gen. Saint Cyr marcia a tappe forzate su Napoli per punire il tradimento della regina. La dinastia di Napoli ha cessato di regnare”.

In quel momento con l'invasione del regno di Napoli da parte dell'Armée de Naples all'uopo costituita per potenziamento della preesistente Armée de Observation del generale Saint Cyr, che già stazionava ai confini del regno, iniziava il decennio francese. Con la diffusione dei principi della rivoluzione i francesi non portarono solamente un cambiamento di dinastia, bensì a un cambiamento radicale delle leggi e dei costumi. Portarono principi di libertà eguaglianza e al riconoscimento dei diritti dell'uomo in quanto tale. Insomma la potenza demolitrice della rivoluzione portò nel regno di Napoli, come in tutta Europa, al germoglio della consapevolezza nei popoli di non essere sudditi ma cittadini, portatori di diritti inalienabili ma, purtroppo, il tutto fu portato con la punta delle baionette.

Il decennio francese sottrasse la Calabria ed i calabresi ad un secolare isolamento ed all'arretratezza economica, amministrativa, giuridica e sociale tipica delle strutture feudali, dando l'avvio all'ammodernamento della società fino ad allora priva di diritti. Le nuove idee, fondamento di civiltà e democrazia, intaccarono prepotentemente il decrepito preesistente ordine sociale, ma nel frattempo si assistette alla virulenta reazione dei calabresi contro l'iniziativa francese che, più che momento di liberazione, si era presto rilevato come vera e propria occupazione militare. Considerati, a torto o a ragione, oppressori e violatori della religione dei padri, furono sempre più contrastati dagli insorgenti e non potendo questi ultimi affrontare i francesi in campo aperto, la loro guerra presto si trasformò in guerriglia.

Sfortunati i soldati di quei reggimenti della Grande Armée che per causale destino della sorte dettata dal disegno geopolitico del grande imperatore francese, non marciarono al suo seguito nel cuore dell'Europa, là dove si stava scrivendo la storia e dove stavano germogliando i nazionalismi che avrebbero portato alle guerre di liberazione e di indipendenza di molte nazioni, là dove si stavano gettando le fondamenta dell'Europa così come oggi la vediamo, là dove prendevano energia ed entusiasmo dalla vicinanza del loro condottiero invitto, molti cadendo sul “campo dell'onore”, così in quel periodo veniva chiamata la “bella morte” incontrata sul campo di battaglia.
Loro, infelici soldati di sfortunati reggimenti destinati a presidiare gli angoli più remoti e periferici dell'impero, il più delle volte non conobbero la “gloria” dello scontro con le baionette avversarie ma la morte per malaria o per mano dei briganti, degli insorgenti che si materializzavano improvvisamente, come dal nulla, nel corso di fulminee imboscate, ricevendo una morte atroce e senza onore o dando a loro volta essi stessi la morte senza onore eseguendo efferate rappresaglie come ineludibile conseguenza delle prime.
Questi sfortunati soldati, stavano conoscendo una prima volta, una nuova durissima, forma di guerra fino ad allora sconosciuta, la cosiddetta “guerra asimmetrica”, a cui truppe regolari non erano preparate. L'insorgenza, chiamata da alcuni guerra di popolo e da altri brigantaggio, in cui apparivano sfumati i confini tra l'uno e l'altro, rappresentò un'atroce ed insidiosa forma di guerra non convenzionale caratterizzata da agguati colpi di mano e fulminee imboscate, che si rilevò presto devastante contro eserciti regolari non abituati a questa forma di lotta e che portò fatalmente, come unica forma di difesa, a durissime repressioni e sanguinose rappresaglie.
Era nata la guerriglia. Spesso degenerata in sanguinose faide e odiose vendette personali mascherate da ribellione e in atroci episodi di banditismo, l'insorgenza calabrese rappresentò il segno premonitore di ciò che da quel momento a qualche anno si sarebbe sviluppato in grande stile nell'insurrezione spagnola contro i francesi. I calabresi, per primi, avevano svelato agli spagnoli il segreto di quanto possa una decisa volontà popolare."
Dalla presentazione del Colonnello Salvatore Moschella, novembre 2015

 


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