memorie_della_terraAutore: Vincenzo Santoro
Titolo: Memorie della terra. Con CD
Sottotitolo: Racconti e canti di lavoro e di lotta del Salento
Descrizione: Volume in 16° (cm 19 x 14); 77 pagine; 9 illustrazioni (foto) in b/n
Luogo, Editore, data: Roma, Squilibri, ottobre 2010
ISBN: 97888 89009468
Prezzo: Euro 16,00
Disponibilità: In commercio

 


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Nell'intreccio di musica tradizionale e racconto orale, un viaggio nella memoria del lavoro nel Salento della prima metà del Novecento, dalla "rivolta di Tricase" del 15 maggio 1935, con la feroce repressione di una manifestazione di piazza delle tabacchine dello stabilimento "Acait", all'occupazione del feudo d'Arneo nel 1949-51, la più eclatante delle azioni intraprese dal movimento sindacale e contadino.
Attraverso la viva voce dei protagonisti e un ricco apparato di immagini, si delinea così un vivido spaccato su un'indimenticabile stagione di lotte sociali che, nel cd allegato, restituisce all'ascolto anche la ruvida materialità di canti e musiche di straordinaria bellezza ma ricolmi di aneliti di riscatto, di cui si è perso persino il ricordo nelle levigate operazioni di riproposta dei repertori popolari salentini.

 


Nel cd
Vincenzo Santoro, Anna Cinzia Villani: voci narranti
Anna Cinzia Villani: voce, organetto diatonico, tamburello
Daniele Girasoli: voce, tamburelo, cucchiai, cupa-cupa
Maria Mazzotta: voce, tamburello
Enrico Noviello: voce, chitarra, chitarra battente, tamburello


Vincenzo Santoro è responsabile dell'Ufficio Cultura dell'A.N.C.I.,  impegnato da anni nell'organizzazione di iniziative ed eventi sulle musiche e culture popolari del Mezzogiorno,  ha pubblicato numerosi saggi e volumi sulle tradizioni musicali del Salento.


Introduzione di Vincenzo Santoro
L’idea di Memorie della terra nasce fondamentalmente da due esigenze. Da una parte si voleva tradurre in una forma “spettacolare” il materiale narrativo frutto di due distinte ricerche sul campo, che hanno documentato, utilizzando la metodologia della “storia orale”, la stagione delle lotte contadine e del tabacco nel Salento. In particolare, di queste vicende, lo spettacolo seleziona un “percorso della memoria” che parte dalla “rivolta di Tricase” del 15 maggio 1935 - in cui una manifestazione di piazza delle tabacchine del locale stabilimento “Acait” venne repressa nel sangue dal regime, lasciando sul terreno cinque morti e diverse decine di feriti - prosegue con la ripresa delle lotte sindacali nel dopoguerra, che ebbero come indiscusse protagoniste le operaie tabacchine, e si conclude con l’occupazione del feudo d’Arneo nel 1949-50, la più ardita tra le azioni intraprese dal movimento contadino salentino. Il testo dello spettacolo è quindi il risultato di un “montaggio” di frammenti narrativi ripresi dalla viva voce dei protagonisti, che nella loro articolazione dispiegano un “racconto corale” delle lotte della terra nel Salento.
L’altra esigenza era quella di rivolgere uno sguardo anche a una forma specifica della tradizione musicale di questo territorio: quella attinente al “lavoro”, dai canti eseguiti durante i lavori agricoli, fino ai veri e propri canti di tema politico e sociale, che spesso furono “composti” proprio in occasione delle manifestazioni contadine, di cui costituirono una sorta di colonna sonora.
Come è noto, in questi ultimi anni il Salento è stato l’epicentro di un tumultuoso fenomeno di ritorno di interesse per le tradizioni coreutiche e musicali. Al di là degli innegabili risvolti positivi di questa vicenda, di cui chi scrive si è estesamente occupato in un’altra pubblicazione, la turbinosa “rinascita” della musica popolare salentina ha prodotto diffuse mistificazioni sui caratteri propri della “cultura contadina” che è stata oggetto dell’operazione di “recupero”. In estrema sintesi, ha prevalso l’immagine di un mondo contadino bucolico e pacificato, pervaso di pratiche e significati magici, dimenticando le accezioni negative che tali usanze avevano per i suoi protagonisti concreti (emblematico è proprio il caso del fenomeno culturale del tarantismo, trasformato da simbolo di dolore e sofferenza sociale in una sorta di feticcio new-age funzionale allo “sballo”), e rimuovendo anche la memoria delle condizioni reali in cui si trovavano a vivere i contadini, che nella maggior parte dei casi conducevano una vita di stenti e di fatica, sottoposti a sfruttamento e umiliazioni continue da parte dei pochi proprietari terrieri e notabili locali che avevano saldamente in mano le redini del potere economico e politico. In conseguenza di questa “ignoranza” delle condizioni reali di vita dei contadini, e dunque dell’endemico conflitto sociale che questa situazione drammatica ha provocato per decenni nelle campagne, il revival musicale salentino degli ultimi due decenni ha rivolto la sua attenzione soprattutto alle parte della tradizione musicale più legata alle occasioni ludiche, dando pochissima attenzione al repertorio dei canti di lavoro e di lotta. In questo la generazione della pizzica si è distaccata profondamente dalla lezione dei “padri” degli anni Sessanta e Settanta, in cui invece era proprio una forte lettura politica del rapporto tra cultura contadina e cultura borghese a dare le motivazioni più profonde all’operazione di recupero e riproposta del patrimonio musicale tradizionale.
Questa rimozione è ancora più singolare perché si parla della Puglia, terra di epiche (e spesso sanguinose) lotte per la terra, dove nacque e operò per molti anni una figura di assoluto rilievo come quella di Giuseppe Di Vittorio. Ma anche il Salento è stato teatro certo non periferico dello scontro di classe nelle campagne, soprattutto nel dopoguerra, con la lotta delle tabacchine e l’occupazione delle terre, che coinvolse moltissimi contadini, anche non direttamente politicizzati.
In Memorie della terra abbiamo cercato di recuperare e riutilizzare, alternandoli ai frammenti di racconto, alcuni dei canti di questo repertorio “politico e sociale”, adattandoli alle esigenze dello spettacolo. Troviamo quindi una serie di canti che esprimono il disagio per le condizioni di lavoro nelle campagne (Lu sule calau calau, Fimmene fimmene, La tabbaccara); altri che si riferiscono direttamente alle lotte politiche e sindacali (La Ceserina, nella versione “modificata” negli anni Settanta, Madonna mia ce sta succede, che verosimilmente veniva usato nel corso delle campagne elettorali, Le tabbacchine di Aradeo, Malidettu lu Cinquanta, e il bellissimo Canto dell’Arneo, composto dai contadini durante i giorni dell’occupazione di quel feudo); due canti sull’emigrazione stagionale che vedeva coinvolti tantissimi contadini che si recavano in luoghi anche molto lontani per coltivare il tabacco (La cupa cupa vene de Pasticcia e Masseria Stanese); un canto del carcere (Canaja canaja) e un canto funebre, che abbiamo inserito come collegamento alle vicende narrate.
Infine, nell’ultima parte dello spettacolo, abbiamo utilizzato anche degli stralci degli articoli che furono scritti ai tempi dell’occupazione dell’Arneo da Vittorio Bodini, sommo poeta salentino, che rappresentano tra l’altro degli straordinari esempi di scrittura civile.
Con questo lavoro si vuole offrire un piccolo contributo al ricordo di questi avvenimenti e ringraziare, in qualche modo, i loro protagonisti, che ci hanno consegnato un mondo migliore, più civile e progredito, nella speranza, forse mal riposta, che le generazioni successive riuscissero ulteriormente a migliorarlo.

 


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