GLI OCCHI DI NAPOLI. Diciotto racconti e la modernità da inventare - A cura di Filippo La PortaAutore: AA.VV.
Curatore: Filippo La Porta
Titolo: Gli Occhi di Napoli
Sottotitolo: Diciotto racconti e la modernità da inventare
Descrizione: Volume in formato 8°; 200 pagine
Luogo, Editore, data: Casalnuovo di Napoli (NA), IOD, 2022
Collana: 
ISBN: 9791280118721
Condizioni: nuovo
Note:
Prezzo: Euro 15,00
Disponibilità: In commercio

 


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E' giunto il tempo che proprio qui a Napoli, la letteratura, spinta oramai ai margini nell'epoca dei linguaggi audiovisivi, si riprenda una rivincita e mostrare la sua vocazione a rappresentare la realtà. Così nasce l’idea del libro Gli Occhi di Napoli, a cura di Filippo La Porta, che raccoglie diciotto racconti di scrittrici e scrittori napoletani. “I racconti qui raccolti su Napoli cercano tutti di afferrare una verità meno ovvia, meno convenzionale. La letteratura è una immensa contestazione dell'ovvio!”

Gli Autori:
Maurizio Braucci, Antonio Carannante, Maurizio De Giovanni, Roberto De Simone, Davide D’Urso, Alessio Forgione, Antonio Franchini, Peppe Lanzetta, Lorenzo Marone, Rossella Milone, Valeria Parrella, Carmen Pellegrino, Silvio Perrella, Elisa Ruotolo, Alexandro Sabetti, Piera Ventre, Nando Vitali e Athos Zontini.

I racconti (tutti già editi) qui raccolti su Napoli - diciotto - cercano di afferrarne una verità meno convenzionale. La letteratura è una immensa contestazione dell’ovvio! Da queste narrazioni a ora la ricerca di una identità composita, in parte inesplorata, tutta da ridisegnare. Insomma, più o meno consapevolmente, questi diciotto racconti intendono uscire dal dilemma paralizzante tra una alterità indomabile e però mitica (anch’essa parte del racconto coloniale della città) e la uniformità a modelli dominanti, basati su efficientismo e competitività. Un tentativo che, in termini civili, si traduce nell’impegno a far coesistere la voglia di “normalità”, di servizi funzionanti, di regole anonime e impersonali, di sicurezza e legalità (unica arma dei senza potere) e la resistenza, anche solo involontaria, a una omologazione fatta di consumi e distruzione dell’ambiente, di primato della prestazione su qualsiasi ozio contemplativo e (legittimamente) dissipativo. Mettono in gioco, pur con modi diversissimi, la “invenzione” – sempre un po’ avventurosa - di una modernità diversa da quella oggi ovunque imperante.

 


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