Alessandro Manzoni - I PROMESSI SPOSI. In Lingua Napoletana. A cura di LucarAutore: Alessandro Manzoni
Curatore:
Titolo: I Promessi Sposi
Sottotitolo: Libera traduzione in versi in lingua napoletani forgiati da LUCAR
Prefazioni di Francesco D’Episcopo e Mariateresa Epifani Furno.
Postfazione di Nello Tortora.
Descrizione: Volume in 8°, pagine 163
Luogo, Editore, data: Napoli, Graus, 2006
Collana:
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Condizioni: nuovo
Disponibilità: NO

 


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È fuor di dubbio che l'Unità d'Italia hanno contribuito a farla gli scrittori. Proprio Alessandro Manzoni sentì il bisogno di sciacquare i suoi panni in Arno per dare all'Italia un romanzo in lingua toscana, purificata da tutti lombardismi e settentrionalismi che lo avevano segnato dal principio. Non avrebbe però mai immaginato che il suo capolavoro discendesse nell'Antico Regno delle due Sicilie per essere, questa volta, volgarizzato in quella lingua napoletana, la cui fausta storia sarebbe stata posta in crisi proprio da quella Unità, che forse vera Unità non fu e non è.


Il nostro Lucar, ancora una volta, ha affilato gli strumenti metallici del suo dialetto per proporre una rilettura, efficace ed esemplare, del capolavoro manzoniano. L'operazione, lungi dal risultare blasfema, è autorizzata da quell'anima dialettale, che si racchiude in ogni opera letteraria pienamente riuscita. Si vuol dire cioè che la letteratura, persino nei suoi esempi più alti, si pensi per tutti al divino Dante, contiene dentro di sé una prospettiva dialettale, che fa peraltro parte della sua storia più autentica e si appoggia alle forme espressive e alle funzioni psicologiche di una lingua, che nella nostra storia letteraria con il dialetto continuamente si misura, soprattutto, come si è detto, prima della unificazione del nostro Paese.
Lucar non ha fatto altro che applicare la lingua napoletana, così morbida e mutevole, alle variazioni episodiche del romanzo, valorizzando al massimo le caratteristiche psicologiche dei singoli personaggi, i quali ricevono una sorta di vero bagno rigeneratore nella grande marea di un racconto, che, avanzando e ritirandosi, raggiunge sempre la riva.
L'effetto comico e ironico è assicurato dall'uso di un linguaggio, che aderisce alla pelle dei protagonisti, ma va anche oltre, in nome di quell'accompagnamento critico e creativo che l'autore sente di dover assicurare a ciascuno di loro. Continui sono, dunque, i cantucci che Lucar si riserva per commentare le alterne vicende di una storia, rivissuta, alla napoletana, con passione e distacco, con lo sguardo partecipe e assente di chi da sempre sa che la vita è quel luogo dove non accade apparentemente nulla, ma in un attimo può succedere tutto. E tutto succede a Renzo e Lucia, alla loro storia d'amore, esageratamente contrastata dalle forze oscure del Male, che, come sempre, lottano una battaglia perduta con quelle risolutrici del Bene.
Lucar si diverte a convivere e condividere le vicende della coppia più celebre della nostra letteratura e della grande famiglia di personaggi, che la circondano, circuiscono, liberano.
Tra dialetto e lingua egli si muove con un'intensità espressiva, che merita di essere evidenziata, partecipando dal di dentro al mutevole spettacolo che il verosimile manzoniano riserva.
La complicità, la confidenza, tipiche della mentalità meridionale e napoletana, giocano un ruolo fondamentale nel far sentire tutti consanguinei di quel grande gioco che è la vita, le cui parti sembrano essere già state scritte da un grande regista, di cui anche un grande scrittore non può che cogliere le suggestioni, le risonanze.

 


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