alfonso il magnanimo giuseppe caridiAutore: Giuseppe Caridi
Titolo: Alfonso Il Magnanimo
Sottotitolo: Il Re del Rinascimento che fece di Napoli la capitale del Mediterraneo
Descrizione: Volume in formato 8° (cm 23 x 15); 376 pagine.
Luogo, Editore, data: Roma, Salerno Editrice, gennaio 2019
Collana: Profili, 8
ISBN: 9788869733406
Prezzo: Euro 25,00
Disponibilità: In commercio

 


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Succeduto nel 1416, all’età di 20 anni, al padre Fer­dinando I al vertice della Corona d’Aragona, Alfonso V nel 1420 si recò a Napoli su richiesta della regina Giovanna II, che, priva di prole, lo adottò e gli assi­curò la successione al suo regno, a condizione che le prestasse aiuto contro il rivale Luigi III d’Angiò.

Dopo tre anni, tuttavia, la volubile sovrana revocò l’adozione e il re d’Aragona ritornò in Spagna per risolvere i contrasti che nel frattempo erano insorti tra i suoi fratelli e il re di Castiglia, Giovanni II. Nel 1435, dopo la morte della regina Giovanna, parteci­pò contro Renato d’Angiò alla guerra di successio­ne al trono di Napoli, che riuscì a conquistare nel 1442. Per consolidare quel trono Alfonso prese parte alle guerre che fino alla pace di Lodi del 1454 impe­gnarono i diversi potentati italiani, proseguendo tut­tavia poi a combattere con la repubblica di Genova, i cui mercanti erano i principali concorrenti dei suoi sudditi catalani nel Mediterraneo.

Napoli divenne di fatto la capitale dei domini di Alfonso che, grazie al mecenatismo con cui accolse gli uomini di cultura, fece della sua corte un im­portante centro del Rinascimento italiano. Per la sua liberalità gli umanisti gli attribuirono l’appellativo di Magnanimo.

Controversi furono i rapporti con il papato, che gli contendeva l’alta sovranità sul Mezzogiorno d’Italia. Esortato ripetutamente a rientrare in patria, il sovrano, fino alla morte avvenuta nel 1458, malgrado l’impe­gno assunto non si allontanò più dal regno di Napoli, in cui vi erano i principali affetti familiari – i figli na­turali e i nipoti – e soprattutto una giovane nobildon­na, Lucrezia d’Alagno, della quale si era innamorato.

Leggi la recensione di Paolo Mieli sul Corriere

 


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