Titolo: Teatro.
Le cinque rose di Jennifer - Notturno di donna con ospiti - Weekend - Anna Cappelli - Mamma - Ferdinando.
Introduzione di Enrico Fiore
Descrizione: In formato 8° (cm 22 x 12,5); pp. 186; alcune foto di scena in b/n.
Luogo, Editore, data: Milano, Ubulibri, aprile 2005
Prezzo: Euro
ISBN: 88-774-8273-7
Disponibilità: No
Scomparso a trent'anni nel 1986, Annibale Ruccello è oggi piu' che mai un autore di culto dalla voce lirica e beffarda, espressiva di una generazione ansiosa di ricreare un teatro nuovo e dentro la realta', ma capace anche di ridere nella tragedia.
Arrivato alla scena dalla scuola di Roberto De Simone, rappresenta accanto a Enzo Moscato e Manlio Santanelli la punta di diamante della "nuova drammaturgia napoletana", e da regista e attore dei suoi testi, racconta la deriva della nostra societa' attraverso una scrittura - "un musicale scassato, minimale", come lui stesso la definisce - che oscilla tra la verita' del dialetto e la parodia dell'italiano televisivo, intrecciando echi storici col quotidiano, quando non riscrive pezzi di repertorio in feroci adattamenti.
Un teatro di solitudini indagate con lucido sguardo da antropologo, di inquietudini sospese in un limbo onirico ai bordi della follia, di personaggi sradicati dalla loro cultura originaria e, quindi, dalla loro consistenza collettiva.
Dall'Introduzione di Enrico Fiore:
"... sradicati risultano i personaggi-cardine dei testi qui raccolti: il protagonista delle Cinque rose di Jennifer, emblema della "mutazione" che dal femmeniello (un fenomeno "gestito", una volta, in termini fortemente ritualizzati) ha condotto al semplice travestito (un "oggetto" votato unicamente alla funzione di merce di scambio); l'Adriana di Notturno di donna con ospiti, privata del suo sistema di valori proletario in cambio di laceri miti consumistici veicolati dalla televisione; la Ida di Week-end, una professoressa che ha lasciato il suo profondo e (appunto) magico sud per trapiantarsi a Roma, dove impartisce lezioni privati a ragazzini tonti e pruriginosi; la Clotilde di Ferdinando, che la "conquista" capitalistica del Mezzogiorno ha espropriato del suo status sociale e soprattutto, insieme con la lingua, della sua identita'; le quattro donne di Mamma. Piccole tragedia minimali, che precipitano dalle fiabe della tradizione alla quotidianita' insulsa dei nomi (Deborah, Ursula, Morgan, Isaura, Luis Antonio, Andrea, Celeste, Dieguito ...) affibbiati ai propri figli sulla traccia di un immaginario d'accatto diviso fra telenovelas e pallone;e, infine, l'impiegata comunale di Anna Cappelli, che nel limbo di Latina rimpiange come un paradiso perduto ("Non si tocca! E' mia e non si tocca!") la camera che aveva a Orvieto nella casa di famiglia".
Arrivato alla scena dalla scuola di Roberto De Simone, rappresenta accanto a Enzo Moscato e Manlio Santanelli la punta di diamante della "nuova drammaturgia napoletana", e da regista e attore dei suoi testi, racconta la deriva della nostra societa' attraverso una scrittura - "un musicale scassato, minimale", come lui stesso la definisce - che oscilla tra la verita' del dialetto e la parodia dell'italiano televisivo, intrecciando echi storici col quotidiano, quando non riscrive pezzi di repertorio in feroci adattamenti.
Un teatro di solitudini indagate con lucido sguardo da antropologo, di inquietudini sospese in un limbo onirico ai bordi della follia, di personaggi sradicati dalla loro cultura originaria e, quindi, dalla loro consistenza collettiva.
Dall'Introduzione di Enrico Fiore:
"... sradicati risultano i personaggi-cardine dei testi qui raccolti: il protagonista delle Cinque rose di Jennifer, emblema della "mutazione" che dal femmeniello (un fenomeno "gestito", una volta, in termini fortemente ritualizzati) ha condotto al semplice travestito (un "oggetto" votato unicamente alla funzione di merce di scambio); l'Adriana di Notturno di donna con ospiti, privata del suo sistema di valori proletario in cambio di laceri miti consumistici veicolati dalla televisione; la Ida di Week-end, una professoressa che ha lasciato il suo profondo e (appunto) magico sud per trapiantarsi a Roma, dove impartisce lezioni privati a ragazzini tonti e pruriginosi; la Clotilde di Ferdinando, che la "conquista" capitalistica del Mezzogiorno ha espropriato del suo status sociale e soprattutto, insieme con la lingua, della sua identita'; le quattro donne di Mamma. Piccole tragedia minimali, che precipitano dalle fiabe della tradizione alla quotidianita' insulsa dei nomi (Deborah, Ursula, Morgan, Isaura, Luis Antonio, Andrea, Celeste, Dieguito ...) affibbiati ai propri figli sulla traccia di un immaginario d'accatto diviso fra telenovelas e pallone;e, infine, l'impiegata comunale di Anna Cappelli, che nel limbo di Latina rimpiange come un paradiso perduto ("Non si tocca! E' mia e non si tocca!") la camera che aveva a Orvieto nella casa di famiglia".