GENERE: FEMMINIELLI. Esplorazioni antropologiche e psicologiche - Eugenio Zito, Paolo ValerioCuratori: Eugenio Zito, Paolo Valerio
Titolo: Genere: femminielli
Sottotitolo: Esplorazioni antropologiche e psicologiche
Prefazione di Luigi Maria Lombardi Satriani
Descrizione: Volume in formato 8° (cm 21 x 15); 282 pagine
Luogo, Editore, data: Napoli, Dante & Descartes, 2013
Disponibilità: No

 


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I femminielli non possono essere relegati tout court nell'area dell'omosessualità, come pure a volte è stato fatto, né equiparati familisticamente ad altre realtà storiche e culturali, come per la condizione dei berdache, categoria ampiamente utilizzata dagli antropologi di cultura anglosassone e ripresa anche nella riflessione antropologica italiana.
È che a Napoli si è dispiegato un unicum con proprie modalità, tratti rituali, norme regolatrici che sollecitano per la comprensione una molteplicità di punti di vista, di angolazioni disciplinari; non è certamente un caso che i femminielli napoletani abbiano attirato 1'attenzione di viaggiatori stranieri, di scrittori, di antropologi e di studiosi di altri settori delle scienze umane.

I femminielli rinviano alla problematica del corpo, a quella delle innumerevoli modalità di manipolazione di esso, come a quelle del mascheramento e del travestimento. Il corpo, lo sappiamo bene, è sempre e comunque un prodotto culturale, come ha posto in risalto una vastissima letteratura scientifica, a partire dal celeberrimo saggio Le tecniche del corpo (1965) di Marcel Mauss, ed ancora di più l'abbigliamento. E contrariamente a quanto sostiene un diffuso proverbio, si può legittimamente affermare che "l'abito fa il monaco", che l'abbigliamento, cioè, fornisca una serie di indicazioni su chi lo indossa, delineando nella figura, il ruolo sociale, i valori che ritiene essenziali.

Si ricordi, esemplificativamente, l'opulenza e lo sfarzo dell' abito aristocratico, sia quello di cerimonia che quello della "normale quotidianità", e analogamente, pur nell' indubbia diversità di classe, la ricchezza dell' abito cerimoniale contadino così lontano dal misero abito di fatica dei lavoratori della terra.
Perciò le scienze demo-etnoantropologiche hanno rivolto la loro attenzione all'universo dell'abbigliamento, com'è testimoniato, anche in questo ambito, da un' ampia letteratura scientifica; mi limiterò a ricordare, al riguardo, 1'ottima monografia antropologica di Ernesta Cerulli, Vestirsi, spogliarsi, travestirsi (1999), da poco riedita da Sellerio.
Lo spogliarsi, il velarsi, il travestirsi sviluppano tutta la loro carica di seduzione, come le recenti cronache politiche e giornalistiche documentano, spesso con notevole drammaticità e con finalità a volte strumentali, indubbiamente discutibili. Il crescente successo della moda testimonia la sempre maggiore consapevolezza della centralità dell' abbigliamento.

Anche il vestire le statue della Vergine, del Cristo morto, dei Santi ha forti valori rituali e simbolici, come ho avuto modo più volte di sottolineare in altra sede (Lombardi Satriani, 1971; Lombardi Satriani e Meligrana, 1996; Lombardi Satriani, 2000). Connessa a tale tematica è quella delle maschere, lungamente indagata dall' antropologia e dalla demologia: anche qui limitandomi soltanto ad alcune citazioni, La via delte maschere (1985) di Claude Lévi-Strauss e Le origini del teatro italiano (1955) di Paolo Toschi.

Le maschere rinviano a un universo in cui dimensione mitica, orizzonti della classicità, piani psicopatologici si intrecciano continuamente, ponendo in risalto analogie e differenze, come hanno mostrato esemplarmente Bruno Callieri e Laura Faranda nel loro Medusa allo specchio: maschere fra antropologia e psicopatologia (2001).
Patricia Bianchi, Marinella Miane Borruso, Gabriella D'Agostino, Annalisa Di Nuzzo, Corinne Fortier, Gianfranca Ranisio, Pino Simonelli assieme a Gennaro Carrano, nei saggi presenti in questo volume, forniscono una serie di notazioni critiche e suggestioni, oltre che un' ampia gamma di riferimenti alla letteratura etno-antropologica, storico-religiosa, psicologica e psicoanalitica, con significative citazioni teatrali, letterarie, cinematografiche, giornalistiche e di cronaca.

È quindi la complessità della tematica dei femminielli a determinare la conseguente necessità di un accostamento ad essa da molteplici angoli disciplinari, purchè nessuno di essi sia tentato da pulsioni di supremazia scientifica o di improbabile esaustività: in ciò consiste la riuscita operazione di metodo con cui Eugenio Zito e Paolo Valerio hanno curato la raccolta delle molteplici e diversificate voci di cui si compone questo prezioso volume.
Risultano perciò estremamente illuminanti anche i contributi critici di altre specializzazioni scientifiche, quali quelli della psicologia clinica e della psicoanalisi dell'identità di genere (Eugenio Zito, Nicola Sisci, Paolo Valerio), della psicoanalisi di gruppo (Francesca Verde) e della letteratura.
È superfluo, in questa sede riprendere, tali notazioni critiche e suggestioni, mi sembra opportuno, però, segnalare la loro originalità e carica problematica.
Il lettore potrà rapportarsi direttamente a questi scritti cogliendo così, sulla scorta di essi, le molteplici sfaccettature della realtà dei femminielli, con cui ebbi l'opportunità di venire in contatto nei primi anni Settanta, quando ottenni 1'incarico di Antropologia Culturale all'Università Federico II di Napoli e iniziai con entusiasmo l'attività di insegnamento, trovando una platea di studenti reattiva e desiderosa di confrontarsi criticamente con il proprio territorio.

 


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