storia-della-camorra-pAutore: Francesco Barbagallo
Titolo: Storia della camorra
Descrizione: Edizione in formato 8° (cm 21 x 14); 318 pagine; illustrazioni
Luogo, Editore, data: Bari, Laterza, 2011
Collana: Economica Laterza
ISBN: 97888 42097402
Prezzo: Euro 11,00
Disponibilita': In commercio

 


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Francesco Barbagallo è stato il primo a raccontare il potere della camorra come potere imprenditoriale quando nessuno osava farlo, ancorandolo a un passato indispensabile per interpretare il presente. Storia della camorra è un libro fondamentale perché frutto degli studi di uno dei piu' grandi storici italiani, di un intellettuale che declina le dimensioni economica, criminale e imprenditoriale della camorra, attraverso il tratto umano che le è proprio e che la condannera' all'estinzione.


Dalle catastrofi - dice Barbagallo - per fortuna si può emergere.
Roberto Saviano

Soffusa di racconti e leggende sulle sue origini, sulle sue forme organizzative e sui riti di accesso, a distanza di quasi due secoli dalla sua nascita nei vicoli di Napoli, la storia della camorra non è mai stata raccontata per intero. Questa è la prima ricostruzione complessiva dall' 'onorata societa'' dell'Ottocento alla criminalita' globalizzata di oggi. Francesco Barbagallo descrive i suoi costumi, le regole, la mentalita', gli affari, gli intrecci con la politica e le altre organizzazioni criminali, necessari per tessere la rete con cui oggi gestisce un patrimonio enorme. Al tempo dei Borboni, quando inizia la sua attivita' delinquenziale e si da' un'organizzazione, la camorra controlla le estorsioni su quasi tutte le attivita' produttive, i mercati, le case da gioco, la prostituzione. Si rappresenta come una sorta di aristocrazia della plebe ed entra nel vivo del tessuto sociale, praticando una forma di amministrazione, privata e illegale, della fiscalita', della sicurezza, della giustizia. La storia sembra non scalfirla, nonostante le repressioni postunitarie e l'impegno dei grandi intellettuali che hanno lottato per portare la questione meridionale al centro dell'interesse del nuovo Stato unitario, nonostante ogni tentativo di farle terra bruciata attorno. Nel corso degli anni non cessa di evolversi tra corruzione e clientele, accaparrando nuovi spazi di azione e nuove forme ben piu' consistenti e di piu' ampio respiro rispetto ai suoi tratti storici. Oggi la camorra è attiva su scala mondiale, ha circa 6000 affiliati, i suoi utili sono calcolati in 13 miliardi di euro, in un quindicennio il suo fatturato si sarebbe quintuplicato. Manovra le tecnologie piu' avanzate, sa sfruttare al meglio le garanzie di impunita' di mercati sempre meno controllati, è parte integrante della finanza globale. Chi la pensa come il frutto del sottosviluppo, prende un abbaglio.


Indice - Sommario
1. La camorra al tempo dei Borbone
2. Alle luci della ribalta, tra Garibaldi e l'Italia
3. 'Questione di Napoli', 'questione meridionale', bassa camorra e clientele borghesi
4. La citta' ammodernata, la 'camorra' amministrativa, l'inchiesta Saredo
5. Successo e disfatta della camorra nella 'belle époque'
6. Dai camorristi ai guappi, tra il fascismo e la repubblica
7. La nuova criminalita' organizzata in Campania
8. Le guerre tra le nuove camorre
9. Le imprese economiche dei clan e la politica degli anni '80
10. Camorra, societa' e politica nei primi anni '90
11. La criminalita' campana verso il terzo millennio
12. L'espansione globale di un sistema criminale moderno
13. Gli ultimi anni: il potere della camorra, lo sfacelo dei rifiuti
Conclusioni - Bibliografia - Cartine - Indice dei nomi

Prefazione / Introduzione
'Mistero' e misteri di Napoli
Lo straniero e anche l'Italiano che or fa poco tempo sbarcava a Napoli, spesso era meravigliato, mentre toccava terra, vedendo un uomo robusto accostarsi al suo barcaiuolo, e ricevere da lui, segretamente, un soldo o due. Se il viaggiatore prendeva vaghezza di chiedere chi fosse quell'esattore meglio vestito degli altri plebei, spesso coperto di anelli e di gioielli, che si faceva innanzi come padrone, e divideva, senza proferir verbo, il prezzo del passaggio coll'umile barcaiuolo, udiva rispondersi: è il camorrista.


Quello descritto intorno al 1860 dallo scrittore italo-svizzero Marc Monnier (figlio di un albergatore residente nella capitale borbonica) era il primo passo di una peculiare catena di montaggio che definiva immediatamente la Napoli ottocentesca. Dopo il barcaiuolo toccava al facchino, che portava i bagagli alla locanda, pagare un secondo esattore. Quando il viaggiatore saliva su una carrozza compariva un altro individuo, che riceveva il suo soldo dal cocchiere. E cosi' via: ad ogni passo - proseguiva Monnier - ne' quartieri poveri, alle stazioni delle strade ferrate, alle porte della citta', sui mercati, nelle taverne incontrava il bravo implacabile, che l'occhio fiero, la testa alta, con pantaloni larghi, si intrometteva negli affari e ne' piaceri dei poveri, in specie ne' piaceri viziosi e negli affari equivoci, e a vicenda agente di cambio, mezzano, intermediario, ispettore di polizia secondo i casi, faceva presso a poco l'ufficio di quelle grandi potenze, che si mischiano negli affari che non le riguardano.

A suo modo, questo onnipresente personaggio rappresentava un aspetto di quel 'mistero di Napoli' che sarebbe poi stato individuato da Antonio Gramsci nell'attiva ma improduttiva 'industriosita'' dei napoletani.


L'inchiesta di Monnier, condotta durante il processo unitario, è un documento prezioso perché si giovò delle testimonianze dirette dei maggiori esperti, ministri e dirigenti delle forze di polizia, sia del regime borbonico, che del nuovo governo italiano. È quindi una fonte storica ben piu' attendibile dei fantasiosi racconti e leggende che si tramandano in gran numero sulle origini, le forme organizzative, i riti, i miti di questa peculiare forma di organizzazione criminale, che si sviluppa nel tessuto urbano della Napoli ottocentesca, dentro gli strati sociali plebei.


Riti e miti risultano ad ogni modo fortemente intrecciati, dipanarli non è facile. Da piu' parti, ad esempio, si riferisce di un rito iniziatico che vedeva riuniti i camorristi intorno a un tavolo su cui erano posti un pugnale, una pistola carica e un bicchiere d'acqua o vino avvelenati. L'aspirante bagnava la mano nel sangue che gli veniva estratto e giurava fedelta' alla setta, mostrando di essere pronto a spararsi e a bere il veleno. Il capo della riunione prendeva atto del giuramento di sangue; scaricava l'arma, gettava a terra il bicchiere e consegnava il pugnale al nuovo camorrista. Questo cerimoniale pareva essere di rigore, ma non era indispensabile seguirlo in ogni circostanza. Altre testimonianze indicavano procedure molto semplificate, specie nelle carceri. In ogni caso l'ingresso nell'associazione camorristica veniva festeggiato con grandi banchetti.


Le stesse spiegazioni etimologiche del termine 'camorra' proposte dagli studiosi sono numerosissime e molto divergenti. Le difficolta' sono accresciute dal fatto che la parola 'camorra' è entrata nella lingua italiana dal gergo, non scritto, usato tra Settecento e Ottocento dai malviventi napoletani. A cavallo tra questi due secoli, peraltro, il termine 'camorristi' viene usato ripetutamente - accanto a 'oziosi', 'vagabondi', 'rissosi', 'giocatori di professione' - nei documenti della polizia borbonica e del ministero della Guerra.


Tra le interpretazioni piu' recenti, comunque, ce ne sono un paio di carattere storico, profondamente differenti. L'una associa 'gamorra' alla citta' biblica di Gomorra, come traslato di vizio e di malaffare. L'altra afferma una sorta di solidarieta' lessicale fra i nomi delle tre organizzazioni criminali dell'Italia meridionale - camorra, mafia, 'ndrangheta - e li fa risalire alla terminologia pastorale della cultura appenninica preromana. Secondo questa spiegazione semantica, che sottolinea l'originario fine protettivo e non criminale di queste 'fratellanze' segrete, 'morra' significherebbe 'madre di tutte le greggi'. Ci sono poi le possibili derivazioni dalla lingua castigliana: i termini 'camorra', 'camora', 'gamurra' rinviano sia a una corta giacca di tela, sia alla rissa, alla lite. Ma il significato di 'veste' si ritrova anche in antichi testi napoletani: «camorra de seta» nel Novellino di Masuccio Salernitano (XV secolo); «camorre de teletta» nel Cunto de li cunti di Giovan Battista Basile (XVI-XVII secolo).


La connessione tra camorra e gioco d'azzardo, tra camorrista e biscazziere si è fatta risalire, gia' da Monnier, al termine arabo 'kumar'; e si ritrova di frequente nei vocabolari dialettali napoletani dell'Ottocento. Per Basilio Puoti, nel 1841, 'gamorra' «È giuoco proibito dalla legge, che si fa da vili persone; ed anche il Luogo stesso dove si giuoca. 'Biscazza, biscaccia'». Proprio al gioco d'azzardo si connette l'interpretazione piu' diffusa nel corso dell'Ottocento, per cui camorra diventa sinonimo di estorsione, di riscossione di una tangente, una mazzetta, un pizzo su qualsiasi tipo di attivita'. 'Fare camorra' identifica l'atto dell'estorsione. Ancora Monnier scriveva: «Far la camorra, nel linguaggio ordinario, significa prelevar un diritto arbitrario o fraudolento».


Poi, anche per l'influenza indiretta delle sette segrete - la massoneria, la carboneria, l''unita' italiana', i calderari del reazionario principe di Canosa - la camorra diverra' sempre piu' organizzazione, strutturandosi, specie dopo l'unificazione nazionale, in associazione di delinquenti specializzati anzitutto nelle estorsioni su ampia scala, ma diffuse soprattutto nelle carceri e quindi negli eserciti, dove spesso venivano arruolati i criminali gia' detenuti.

 


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