brigantaggio politicoAutore: Pino Ippolito Armino
Titolo: Brigantaggio politico nelle Due Sicilie
Sottotitolo: Condizioni socio-economiche del regno di Napoli e storia dei movimenti reazionari contro l'unità italiana
Descrizione: Volume in formato 8°; 280 pagine; peso: Kg 0,458
Luogo, Editore, data: Reggio Calabria, Città del Sole, febbraio 2015
ISBN: 9788873518532
Prezzo: Euro 15,00
Disponibilità: In commercio

 


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Appena quattro generazioni fa, quella dei nonni dei nostri nonni, il Regno delle Due Sicilie era di gran lunga lo stato più esteso e più popoloso della penisola. In appena due mesi, dallo sbarco di Garibaldi a Melito il 20 agosto del 1860 al plebiscito del 21 ottobre dello stesso anno, concluse la sua storia con l'annessione al Regno Sardo. La fulminea scomparsa di quello che era anche il più antico fra gli stati pre-unitari resta un campo d'indagine storica non ancora sufficientemente esplorato ; forse anche per questo, sulle vicende che nel Mezzogiorno accompagnarono l'unità nazionale si sono avute, con riesplosa violenza nel corso degli ultimi anni, due inconciliabili tendenze interpretative. L'una tesa ad esaltare la nascita e la formazione della nazione italiana, l'altra nostalgica di un regno borbonico ricco e felice ma conquistato e sottomesso dai Piemontesi.

Le cause che portarono al collasso le Due Sicilie non possono in ogni caso ricondursi a fattori esclusivamente esogeni alla società meridionale del tempo. I dati sulla condizione materiale indicano l'origine di una difficile integrazione nazionale, scossa fin da subito dal dissidio di forze contrastanti all'interno della stessa società meridionale. Un'originale analisi comparata delle economie e delle condizioni sociali dei principali stati pre-unitari, pur non contraddicendo la tesi principale della maggiore arretratezza delle Due Sicilie, rivela più d'una sorpresa e può aiutarci a capire perché, a distanza di oltre un secolo e mezzo, le due Italie continuino a mostrare di essere ancora separate da reciproca incomprensione.

Abbandonata Napoli, i Borbone non considerarono affatto perso il Regno. Fallita l'opzione militare, gli sforzi si concentrarono nel tentativo di sollevare le popolazioni, ritenute in gran parte lealiste. La prima occasione, anche simbolica, venne il 21 ottobre del 1860 col plebiscito voluto da Cavour per annettere al Piemonte le nuove province meridionali.

La trama della reazione fu assai articolata e si svolse quasi per intero nella periferia dell'ex Regno, la Calabria. Pesò anche un precedente che era stato fortunato per le forze reazionarie; dalla Calabria era partita la campagna del cardinale Ruffo che nel 1799 aveva riconquistato il Regno ai Borbone. Emergono figure, oggi pressoché sconosciute, come quella del ministro borbonico Luigi Ajossa, che ebbe un ruolo di primo piano nella storia ultima delle Due Sicilie o dell'erudito e reazionario cavalier Francescantonio Carbone, che tentò invano di infiammare la provincia più fedele al sovrano napoletano col concorso delle milizie, ancora non arrese, della piazzaforte di Messina.

Sconfitti i moti insurrezionali, la monarchia borbonica e i suoi alleati ritennero di poter ovviare alle insufficienze che sul piano militare avevano mostrato le tentate rivolte affidando l'incarico di sollevare nuovamente le popolazioni al generale carlista José Borges. L'impresa del generale spagnolo è nota ma la scoperta di nuova e inedita documentazione consente di riscrivere la storia di quella spedizione ed avviare un'analisi critica del cosiddetto diario di Borges. Esaurito con esito negativo anche quest'ultimo tentativo, si chiuderà definitivamente la pagina del cosiddetto "brigantaggio politico" e si aprirà quella nuova della rivolta contadina che produrrà la lunga e sanguinosa stagione del brigantaggio senz'aggettivi.

 


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