LEGGI E DECRETI MONETARI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE - Danilo MauceriCuratore: Danilo Mauceri
Titolo: Leggi e decreti monetari del Regno delle Due Sicilie (8 dicembre 1816 - 6 settembre 1860).
Con appendice sugli articoli del Codice Penale borbonico riguardanti falsi e falsari.
Volume XIII della collana 'Nummus et Historia' dell'Associazione Culturale Italia Numismatica.
Prefazione di Mario Traina.
Descrizione: Pagine 222; con numerose foto, disegni e tabelle
Disponibilità: NO

 


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Il volume raccoglie, trascrive e commenta tutte le leggi e i decreti monetari del periodo unitario del Regno delle Due Sicilie (1816-1860) ed è fondamentalmente diviso in tre capitoli:

1) Monete locali, monete straniere: emissione, circolazione, ritiro.
2) Palazzo della zecca: organizzazione, attività, maestranze.
3) Fedi di credito e polizze.



In appendice Maucieri ha poi affrontato la questione delle controverse monete siciliane di Ferdinando II (1835/36), e ha preso in esame il Codice Penale borbonico per illustrarne e commentarne gli articoli riservati alle monete e fedi di credito false (queste ultime circolavano come vera e propria cartamoneta fiduciaria) e ai falsari.
Non mancano infine materiali aggiuntivi di sussidio al materiale principale esposto, come il decreto dell’unificazione delle Due Sicilie, quello sui pesi e sulle misure, una breve introduzione storica sui sovrani oggetto della trattazione e un’ampia bibliografia numismatica specialistica sulle monete oggetto della trattazione.

La prefazione di Mario Traina:
"L’ho conosciuto, Danilo Maucieri, quando aveva solo 11 anni attraverso una lettera di due facciate, scritta fitta fitta, piena di quesiti e interrogativi, che testimoniavano una grande sete di sapere e come il tarlo della numismatica avesse già preso stabile dimora nel suo cervello, complice una bottiglia della nonna piena di vecchie monete. A quella prima lettera ne seguirono molte altre, in pratica una ogni mese, e questo è durato per ben 12 anni. Ad ogni lettera di Maucieri seguiva la mia risposta e anch’essa non si limitava a poche righe, dato che le domande, via via che Danilo acquistava maggiore padronanza della materia, diventavano sempre più numerose, lunghe e difficili, mettendomi spesso in difficoltà. Pian piano, mi sono affezionato a questi appuntamenti epistolari mensili, tanto da restarci male quando la lettera tardava. Come non guardare con simpatia ed affetto ad un ragazzo che viveva in un piccolo centro del Ragusano, aveva preso una “cotta” per la Numismatica e ogni mese che passava mostrava di crescere non tanto in chili e metri, ma come numismatico, al punto, spesso, di mettere in crisi il maestro?
A 23 anni finalmente l’ho conosciuto di persona Danilo Maucieri. Mi aspettavo un “tappo”, fermo com’ero ad un paio di foto di qualche anno addietro e considerando che la statura media dei siciliani non è che di norma eccella in altezza, salvo, beati loro, i discendenti dei Normanni; sono così rimasto di stucco quando mi sono trovato di fronte un gigante, che mi superava di non so quante spanne in altezza, obbligandomi a guardarlo dal basso in alto, e tanto muscoloso da augurarmi di non dover mai litigare con lui. Ma quello che più mi ha colpito, anche se le sue lettere me lo avevano già preannunciato da tempo, è stata la sua maturità di numismatico, come testimonia questa sua prima fatica, che lo ha fatto sudare per più di un anno. Che un ragazzo di vent’anni nell’assolata Sicilia, dove il sangue scorre nelle vene altrettanto bollente, invece di andare per erba a caccia di ragazze, si chiuda per ore ed ore tra le 4 pareti di un archivio, mangiando polvere - di scienza, certo, ma sempre polvere - è già di per sé un fatto fuori della norma.
Maucieri in questo suo primo libro ha trascritto, spesso corredandoli di interessanti e originali note, tutti i decreti che i Borbone, a partire dal 1816 e fino al 1860, hanno emanato in materia di emissioni monetarie, metalliche e cartacee, a partire dalla legge fondamentale n. 565 con cui i due Regni, di Napoli e Sicilia, venivano riuniti in un solo Regno. In una nota l’autore si domanda il perché di questa decisione e la risposta è che Ferdinando intendeva così scongiurare una possibile, futura richiesta da parte dell’ Inghilterra, mai sazia di nuovi dominii, di avere affidata la giurisdizione territoriale dell’isola (vulcanica in tutti i sensi) in nome della salvaguardia dell’ordine in Europa.
In questo suo viaggio attraverso norme e decreti Maucieri scopre per noi, oltre che per il suo piacere personale, diverse curiosità rimaste sempre celate tra le righe e che tali sarebbero rimaste chi sa ancora per quanto tempo se con una pazienza degna di un Certosino non le avesse estrapolate dai decreti e portate alla luce. Inoltre attraverso una ricca documentazione archivistica, storica e numismatica ci aiuta a conoscere meglio la monetazione borbonica nell’arco di quasi mezzo secolo. Anche se non mancano spunti di riflessione e studio anche per le monetazioni anteriori al 1816.
Insieme ai decreti sono riportate le immagini delle monete che vi vengono citate, con specificate le loro caratteristiche (peso, diametro, titolo, tolleranza, ecc.), caratteristiche che non sempre corrispondono a quanto prescritto (per esempio qualche ghiera appare diversa così come varia l’abbreviazione delle legende). Si riportano i ragguagli tra le monete della monetazione anteriore al 1816 e quelle della nuova monetazione. Lo studio si estende ai decreti che regolano l’emissione delle fedi di credito e delle polizze che circolavano insieme alle monete metalliche come moneta fiduciaria. Maucieri non manca di riportare anche decreti relativi all’organizzazione e alla attività della zecca, del Banco delle due Sicilie e del Regio Banco di Sicilia, al loro personale e perfino ai loro stipendi, aggiungendo particolari sul modo con cui venivano coniate le monete, con quel pizzico di disinvolta fantasia che ha procurato alla monetazione borbonica un record in fatto di varianti ed errori.
Singolare un decreto del 1832 che imponeva la denuncia dei bilancieri usati per fabbricar bottoni e altri oggetti d’arte, stante il pericolo che servissero anche a coniar moneta...quei bilancieri, ricorda Maucieri, che erano stati installati nella zecca di Napoli fin dal 1619, ma quasi subito messi da parte, perché “troppo dispendiosi”, in realtà male accettati dagli zecchieri, che vedevano messo in pericolo il loro posto di lavoro. Per cui si continuò a lavorare coll’antiquato metodo del martello fino al 1680!
Dio sa quanto complesso e ostico, lontano mille miglia dal nostro attuale sistema e dalla nostra mentalità fosse quello dei pesi e delle misure vigenti allora nel Regno delle Due Sicilie. Alla base dell’intero sistema c’era il Palmo di cui dieci costituivano la Canna che poteva essere lineare, quadrata e cuba. Per le misure agrarie c’era il Moggio di diecimila palmi quadrati mentre il Tomolo era l’unità delle misure di capacità per gli aridi, equivalente a tre palmi cubi e divisibile in due mezzette o in quattro quarte oppure in ventiquattro misure, ciascuna delle quali uguagliava il cubo del mezzo palmo. Il Barile era l’unità delle misure per alcuni liquidi, diviso in sessanta caraffe. Per i pesi valeva il rotolo con la sua parte millesima, il trappeso. E non era finita qui, perché c’erano anche il Cantaro, composto da cento rotola, e la Botte composta di dodici barili. Roba da impazzire a doverci fare i conti. E meno male che dal 1821 un reale decreto proibiva che si usassero altri pesi e misure oltre a quelli già elencati. Grazie alle note di Maucieri, che riporta le equivalenze con il nostro sistema metrico decimale, siamo ora in grado di “districarci tra i meandri” di quello che era un autentico labirinto, in cui spesso finivamo per perdere la bussola. Lo stesso vale per l’Oncia con i suoi trappesi e acini.
Quali erano le pene riservate ai contraffattori delle monete o delle fedi di credito? Maucieri, codice penale alla mano, ci fa tirare un sospiro di sollievo al pensiero di non essere nati in quel secolo e sotto quella giustizia, se così si puo’ chiamare: certo i contraffattori non venivano più strangolati o accecati o bruciati vivi come in passato, ma le pene minacciate erano ugualmente sproporzionate e non certo in difetto: c’era l’ergastolo per chi falsificava le monete d’oro o d’argento e le fedi di credito, la condanna ai ferri di 1° e 2° grado se ad essere contraffatte erano le monete di mistura e rame, mentre veniva assicurata l’impunità a chi avesse fatto la spia. E tuttavia i falsi non mancavano certo tra le monete borboniche (per Ruotolo tutte le piastre in rame sono dei falsi e non delle prove).
E le famose e discusse piastre di Ferdinando II, riportate da Cagiati, battute a Gaeta nel 1848, con la lettera G ed una piccola corona accanto alla data? Maucieri non ha trovato cenno di queste monete in alcun documento, rafforzando così il dubbio che queste piastre non siano mai esistite.
Altrettanto interessanti per le notizie che se ne ricavano i decreti riguardanti la circolazione delle monete straniere con i loro cambi o il loro ostracismo.
Sin dalla fine del XVIII secolo funzionava a Messina una Scuola di disegno ed incisione, poi divisa in due scuole separate nel 1836 mentre nel 1838 si dava vita ad una Scuola dell’arte dell’incisione, antesignani della nostra scuola dell’arte della medaglia presso la Zecca di Stato.
In un’appendice si illustra la serie monetale battuta a Palermo nel 1835/1836, che - annota l’autore - diede luogo ad un caso politico per la errata legenda REX SICILIARVM, la stessa impressa sulle monete prima della unificazione dei due Regni, invece di REX VTRIVSQVE SICILIAE. Un errore che non sembra sia stato casuale, chiamando in causa il Luogotenente generale dell’isola, il Principe Leopoldo, Conte di Siracusa, sospettato di favorire aspirazioni separatiste (che da sempre covavano sotto le ceneri dell’Etna e di Vulcano) e di sognare di fare le scarpe al reale fratello. Il quale fece subito fondere tutte le monete battute; se ne salvarono solo pochi esemplari, alcuni dei quali però hanno ugualmente circolato a lungo come testimonia la loro accentuata usura.
Non è certo un libro che si legge tutto di un fiato, è un libro di documentazione da scoprire pagina dopo pagina o, meglio, decreto dopo decreto; è un libro che laurea in numismatica con 110 e lode il giovanissimo autore, in attesa della sognata laurea in beni culturali. Il bel giorno si vede dal mattino? Se è vero, ci sono tutte le premesse per un futuro ancora più ricco di sorprese e di frutti.

MARIO TRAINA"

 


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