se_io_fossi_san_gennaroTitolo: Se io fossi San Gennaro
Autore/i: Federico Salvatore
DVD dello spettacolo Live tenutosi a Napoli, presso il Teatro delle Palme, il 29 aprile 2010
PAL; 18:9
Produzione: Euromedia
Anno di produzione: 2011
Disponibilità: No

 

Viviamo in un tempo strano, in un paese ancora più strano. Il successo o dura una vita, indipendente dalla qualità (vedi in politica), oppure scolora in un amen.
Non si fa neppure a tempo a voltare il foglio del calendario. La faccia più desolante del primo fenomeno è l'incapacità di aggiornare il giudizio a seconda delle mutazioni dei protagonisti: ad esempio, se uno in principio è stato banale, allineato alla richiesta delle masse, tale resta anche se nel tempo ha acquisito qualità di filosofo. All'opposto, chi si è presentato come un talento rimane tale pur se è diventato un perfetto imbecille. I critici (strano mestiere, si impongono soprattutto se pontificano su materie delle quali nulla sanno) non sono in grado di intuire e approfondire i cambiamenti successivi.
Prendi il caso di Federico Salvatore, cantautore emerso a metà degli anni Novanta, quando imperversava al Maurizio Costanzo Show ripetendo “Azz…”. Tre lettere diventate un tormentone di risate.
All'ora dello Show i ristoranti sotto il Vesuvio si fermavano, giacché cuochi e camerieri non volevano perdersi Federico. Avesse continuato a fare solo quello, sarebbe rimasto in tv un giorno si e un altro pure. E invece è andato avanti e la tv la vede solo quando, in preda a deliri masochistici, pigia un tasto del telecomando. Tra l'altro, ben sapendo che gli argomenti seri per diventare tali devono superare i tabù con leggerezza, osò presentare al Festival di Sanremo un brano sull'omosessualità, “Sulla porta”, e si beccò una serie corale di accuse. Reagì definendosi "vincitore amorale" della rassegna canora.
Eppure già allora i suoi materiali a uso del sorriso, a saperli leggere, avevano spessore, erano diversi dalle solite lepidezze. Non a caso era stato definito “Il De Andrè napoletano". A segnarlo, una frase di Giorgio Gaber, altro mito cantautorale, incrociato in un camerino del Teatro Diana: "Di questi tempi è importante camminare a testa alta, non lo fa quasi più nessuno. Tu lo puoi fare, anche se con la testa alta si è meno protetti ed è più facile prendere gli schiaffi.
Le scelte di dignità portano prima o poi gratificazioni che vanno oltre il successo commerciale".
Così nell'ultimo decennio Federico ha esposto la sua faccia (tosta) ai ceffoni, senza perdere lievità ma tentando di dare contenuti densi alle parole, sia vestite di note sia abbandonate alla nudità della poesia. Non ha fatto più - se l'aveva fatto mai - il mestiere del napoletano secondo copione, furbo e guitto come ci immaginano quelli del Nord, e non solo loro.
Il suo album più recente, con annesso spettacolo, s'intitola “Fare il napoletano stanca”, alla Pavese.
Nella vena dell'autore continuano a scorrere battute accattivanti, giochi di parole azzardale. Ma sono una lusinga offerta al pubblico grosso, il passaporto per poter nello stesso tempo parlare d'amore senza retorica, per poter denunciare gli orrori della "classe dirigente e digerente" della nostra città.
‘Ncopp' 'e strade d’.’o. core/ vaco a ppere / cercanno int’’e vetrine / tutt’’e suonne d'ajere. Ma basta nu suspìro/ pe' ffa' appanna’ 'sti llastre e 'o core fa nu giro / 'ncopp' all'ultima giostra. / Si 'o sole a poco a poco / se n'è trasuto già / resta l'ultimo vico / addò t'aggià 'ncuntrà” dice ad esempio una sua canzone dolce.
Un'altra, la tarantella “Se io fossi San Gennaro”, è diventata un inno di rabbia contro i luoghi comuni: Se io fossi San Gennaro / non sarei così leggero / con i miei napoletani / io m'incazzerei davvero / come l'oste che fa i conti / dopo tanto fallimento... / Ma io non posso più accettare / l'etichetta provinciale / e una Napoli che ruba / in ogni telegiornale, / una Napoli che puzza / di ragù e malavita, / di spaghetti, cocaina / e pizza Margherita, / di una Napoli abusiva / paradiso artificiale..,
Nato sotto buona Stella, il quartiere dell'infanzia, popolano e talvolta snob, sta seguendo una parabola che ricorda quella di Ferdinando Russo, Poeta maiuscolo confinato in una nicchia di oblio solo perché Benedetto Croce gli preferì Salvatore Di Giacomo e gli diede la patente letteraria. Anche Russo a un certo punto della vita si misurò con la rima triviale e arrivò a inventarsi - con la musica di Vincenzo Valente - un genere nuovo di canzone chiamato macchietta, come uno schizzo veloce per ritrarre personaggi alla moda e sbeffeggiarli con doppi sensi arditi. Poi scoprì, come tanti altri meridionali, che ai Savoia piemontesi era riuscita I'impresa impossibile: far rimpiangere i Borbone. E allora si finse borbonico, cantò “O Luciano d’’o Rre”, imprecò con versi tosti e bellissimi. Ogni tanto andavo a guardare le collezioni del Mattino, il giornale che mi ha dato da vivere per quasi mezzo secolo, e mi beavo davanti alle pagine con larghi spazi bianchi, rimasti a indicare gli articoli censurati di Don Ferdinando.
Russo, Di Giacomo, tanti intellettuali reagirono al naufragio del Sud post-unitario usando in arte la lingua dei padri, il napoletano inteso non come rifugio di immota nostalgia ma come simbolo di concordia possibile delle genti nate in basse latitudini. Questi anni in corso, con l'avanzare leghista e le distanze sempre maggiori fra chi sta bene e chi sta male, in qualche modo ricordano la tragedia di 150 anni fa. E quindi pure Federico Salvatore usa in prevalenza il napoletano, pur consapevole che gli spazi televisivi si chiudono ancora di più a meno che non si esponga il peggio di una genia condannata a essere "sfaccimma" quando non lo è e a cantare sulle proprie disgrazie.
Federico vive la sua napoletudine in maniera tutta sua. Ha chiamato Azzurra la figlia, ma tiene gli occhi aperti per vedere e denunciare. Con un tocco di presunzione dice: "Georges Brassens, Jacques Brel e Giorgio Gaber mi hanno attaccato l'Iasds: Intelligenza al Servizio dello Spettacolo'". Guardate con attenzione questo video: vi farà di certo sorridere, ma vi darà di più se vi soffermerete a riflettere su qualche battuta, su qualche frase di canzone.
Pietro Gargano (tratto da “LIFE in Naples”)

 

Elenco dei brani:
Parte prima
Fare il napoletano stanca
Grazie… Mille
Lo Stivale con la calza
Il pescatore
Dov'è l'individuo?
Cara televisione
Favolette per il 2000
Se penso sottosopra
L'osceno del villaggio
Lo spaventapasseri
Il parassita
Gli anni '70
Che senso A

Parte seconda
'O cavaliere
Trenta lire
Il funerale
Funeral tango
Sul fondo del mare (Il totano e la cozza)
Napolitudine
Se io fossi San Gennaro
Homo sapiens

Bonus Tracks
Ninna nanna
La signora Scognamiglio
Azz
Lo sciacquone livellatore (dint''a sajettella)

Extra
Backstage