canti a dispetto antonio marottaTitolo: Canti a dispetto
Autore/i: Antonio Marotta
Esecutore/i: Antonio Marotta, Michela Latorre, Peter De Girolamo
Produzione: Autoprodotto
Anno di produzione: 2011
Prezzo: Euro 13,00
Disponibilità: In commercio

La tradizione, questa sconosciuta. Non semplicemente un'astrazione, ma un cuore grondante sangue. Non bisogna lasciare spazio ai "barbari". Evitare, insomma, che il resto del mondo colonizzi la nostra memoria, fare in modo che il passato resista nel presente, guardando in faccia il futuro. Non lasciare che venga martoriata dagli arrivisti, non lasciare che venga depauperata dal mercato. Rintracciare in essa il segno dell'indicibile che continua a sostenere la nostra esistenza.
Più che altro, al napoletano Antonio Marotta (che, tra le altre cose, collabora anche con il maestro Roberto de Simone) interessa tutto questo. La cultura popolare, il canto degli avi, le danze al chiaro di luna, il pellegrinaggio verso la sorgente del sapere più nascosto. E, allora, "canti a dispetto", la tradizione orale che, evocata, torna a riprendersi ciò che è suo, con l'artista che riconquista il suo spazio: lo spazio del cuore che geme silente in un angolo di periferia, guardando il mondo con occhi antichi perché eternamente attuali. Coadiuvato dalla bellissima voce di Michela Latorre e supportato da Peter De Girolamo (qui alle prese con batteria, percussioni, tastiere, basso, archi ed effetti vari), Marotta (voce, chitarra classica, chitarra battente e tammorre) mette in scena un interessantissimo attraversamento-perlustrazione della cultura popolare, nata sul campo, attraverso il contatto diretto con feste e tradizioni millenarie, lì dove uomini e donne hanno sguardi sinceri e mani screpolate dal vento della malinconia.

Da lontano, arriva una voce, galleggia in un baratro iridescente e "Viola", austera e dolente, incede sibillina, aprendosi in un volteggiare arioso. "Jette all'infierno" è piccolo ponte allegorico: tamburo sincopato e discesa negli inferi, lì dove l'amore è un ricordo più bruciante di qualsiasi fiamma. Poi, "Fuoco", quella che si direbbe una hit, il momento più "pop" del lotto. Ed è qui che senti la tradizione vibrare dentro la carne dell'attualità: un ritornello indimenticabile ("lu sangue volle dint'e vene, lu carnevale s'avvicina, 'na vòtta 'e vino mezza chiena, cu' nu lamiento sémpe vene..."), un sovrapporsi di voci che è intersezione di vibrazioni, giochi di luci (Antonio) e di ombre (Michela) e un ritmo di tarantella irpino modellato che sfocia in una coda fatta di scintille fataliste.

Non un disco semplice, a dirla tutta. Bisogna "possederli" questi codici per penetrare e indagare a fondo questa materia così arcana (ascoltate, per dire, "Tarantella castellana" o "Canto sul tamburo" e capirete cosa vuol dire "arcana"...). Eppure, seguendo il cuore, potreste innamorarvi, ritrovandovi a fischiettare "Pupazzi", sintesi tra una villanella napoletana e una ballata in odor di ragtime. Questa è l'anima-collettiva dei nostri nonni, accovacciati sull'uscio di casa, gli occhi accecati dal crepuscolo, la fame repressa in un silenzio di marmo. Lontano, dentro la polvere, oltre la siepe, ancora il risuonare di un canto "'ncoppe o tammurro", di una "Tammurriata sola" che la radiosa voce di Michela conduce oltre il limite del tempo, dentro un'eternità stupefatta. Materia lussureggiante e misteriosa che, nel canto a distesa di "Ammore mje" (raccolto nell'area di San Gennarello di Ottaviano), si trasforma in un volo metafisico che sembra parente prossimo di alcune vertigini di Tim Buckley. Ma siamo, evidentemente, "altrove", lungo le strade solitarie dei carrettieri, dentro il perimetro della memoria.

Artista inquieto, Antonio. "None" la sua confessione/trasfigurazione. La solitudine ingoiata e digerita a furia di calci in culo. Eppure, fiero di aver lottato e vinto. Fiero di scagliare la sua magnetica voce verso le stelle ("Pe ghjre a Roma"), inseguendo il significato ultimo delle favole ("Cavalle de razza") o giocando la carta dell'ironia più feroce e dissacrante ("Sotto o focolare", la cui seconda parte discende rapide quasi jazz-folk). L'invocazione è tutto quello che ci resta. Perché, se hai bisogno d'aiuto, devi chiedere. E lui, quando era in difficoltà, ha lanciato in alto la sua invocazione. E la tradizione, madre sempre benigna, ha fatto un cenno con la testa, invitandolo a seguirla...
Commento di Francesco Nunziata tratto dal sito web OndaRock

Elenco dei brani:
Viola (Canto di invidia)
Jette all'infierno (Canto a dispetto)
Fuoco (Inno alla passione) Ascolta su YouTube
Pupazzi (Elementi di disturbo)
Tammurriata sola (Canto a dispetto)
Ammore mje... (Canto a distesa) Ascolta su YouTube
Tarantella castellana (Sogno di primavera)
None (Canto di solitudine)
Pe ghjre a Roma (Canto a distesa
)"Cavalle de razza" (Lauda del cantore)
Canto sul tamburo (Danza)
Sotto o focolare (Racconto)
Consigli (Invocazione)

 


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