Titolo: Villa Zelo e la storia dell'Ava
Presentazione di Luciano Orabona.
Prefazione di Carlo di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Castro
Descrizione: Volume in formato 8° (cm 23,6 x 17); 448 pagine; oltre 100 illustrazioni a colori ed in b/n
Luogo, Editore, data: Napoli, Fratelli Ariello Editori, 2013
Disponibilità: NO
Villa Zelo e la Storia dell'Ava: un piacevolissimo salto nel passato lungo oltre due secoli. Fatti, aneddoti, fotografie ed altre notizie sulla Famiglia Zelo fanno ritornare ad un mondo che non c'è più, ma che riprende vita grazie ai documenti che sono stati pubblicati.
Un cammino a ritroso difficile per la complessità e l'accuratezza della ricerca storica, reso interessante per lo spirito e la curiosità che hanno animato l'Autore ed i sentimenti che egli svela: amore per la propria storia, attaccamento ai Sovrani di un Regno che fu grande, affetto verso i propri cari che nel ricordo delle loro origini hanno un ulteriore motivo di rispetto delle tradizioni.
Le vicende della villa che fu del barone Giuseppe Zelo, Controloro Generale dei reali dominij al di qua del faro, Cavaliere del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e del Real Ordine di Francesco I, sono raccontate con dovizia di particolari che sono indispensabili per ottenere un vero e proprio spaccato dell'epoca.
L'analisi degli episodi è oggettiva e questa qualità rende autorevole ed attraente il libro. I riferimenti sono numerosi. Ne cito uno come esempio.
L'autorizzazione delle Autorità ad Antonio Ranieri Tenti, già esiliato dal Regno e poi confinato a Napoli poiché oggetto di attenzioni da parte della Polizia, di raggiungere a Firenze nel 1833 l'amico Giacomo Leopardi che con lui ritornò a Napoli ove il maggior poeta italiano dell'ottocento si spense nel giugno del 1837, vittima del colera.
Vorrei aggiungere che con Giacomo Leopardi c'era un precedente familiare: un'opera di suo padre Monaldo, il "Catechismo filosofico per uso delle scuole inferiori" del 1832, era stato adottato come libro di testo nelle scuole del Regno delle Due Sicilie.
Roma, lì 26 Settembre 2012
Carlo di Borbone delle Due Sicilie
Duca di Castro
Un pregiato lavoro sulla Villa Zelo dl Portici (la presentazione di Luciano Orabona)
Sono grato a Carlo Maria Arcari, geniale autore di questa possente opera, per l'invito che ha voluto serbarmi, e fortemente mi lusinga, con la gradita quanto non agevole possibilità di racchiudere in una paginetta l'importanza della sua iniziativa e il significato della pubblicazione.
Sulla personalità dell'Autore e le motivazioni originate ad affrontare con tanta solerzia la ricostruzione di un pezzo di storia regionale di là dallo stretto ambito familiare non si può che restare ammirati davanti alla densa nota biografica, chiaramente segnata, a quanto pare, da inclinazione artistica e dalla multiforme attività sviluppata oltre i confini geografici nazionali.
Villa Zelo si inquadra, come ci viene opportunamente rammentato, nella storia delle ville vesuviane del XVIII secolo. E quanto al valore dell'importante lavoro restaurativo, se non ricosfruttivo, come circa l'oggettività della ricerca, il rispetto, l'amore, il grande affetto verso le tradizioni, nulla rimane da aggiungere a quanto già definito in modo impareggiabile, con l'alto riconoscimento, la testimonianza personale, l'autorevolezza del grado e il competente giudizio encomiastico prefati dal capo della Casa reale delle Due Sicilie, S.A.R. il Principe Carlo di Borbone, Duca di Castro.
Per la parte che può forse in modo speciale competermi sono onorato di richiamare l'attenzione su aspetti storici particolari tra i molteplici riservati nel libro a forme e testimonianze di fede cattolica tra il XVIII e il XX secolo. Di non minore importanza sono da considerare i non pochi oggetti artistici e religiosi della Cappella di Casa Zelo che si rinvengono inseriti in un ricco repertorio fotografico, con reliquari, argenti, organo a canne e altre numerose preziosità. E' opportuno rinunciare a farne l'elenco, affinché il cortese lettore non venga privato del diretto godimento immediato delle forme e degli effetti cromatici di splendidi pezzi d'arte.
Più ancora delle cose, l'interesse riposerà sulle persone, nobildonne e uomini illustri costitutivi dell'albero genealogico della famiglia Zelo, tra distinti rappresentanti del mondo ecclesiastico, maschile e femminile, ed esponenti della struttura amministrativa della società.
Gli studiosi sensibili all'apprezzamento di persone, cose e fatti di storia regionale, e della loro rilevanza quale contributo alla formazione della storia del Mezzogiorno in età moderna e contemporanea potranno certamente ricavarne non inutili elementi di valutazione storiografica.
Spicca tra le personalità di Casa Zelo la figura di Domenico, figlio di Gennaro e di Da Margherita Cicconi, il quale divenne sacerdote del clero napoletano al tempo di altri due illustri figli della nobile capitale partenopea: il filosofo Gaetano Sanseverino, emergente tra i principali iniziatori della neoscolastica, e il Ve.le Sisto Riario Sforza, per sei mesi vescovo trentacinquenne di Aversa, prima dell'immediato possesso dell'archidiocesi di Napoli nell'8 Dicembre 1845 e la creazione, un anno dopo, a cardinale di Santa Romana Chiesa. In Aversa il vescovo Domenico Zelo fu, dopo il vescovo storico e cardinale Antonio de Luca, successore dello Sforza per l'intera durata del trentennio 1855-1885, un periodo tra i più travagliati e per tanti versi drammatico nella transizione dal Regno
Borbonico delle Due Sicilie allo Stato nazionale.
Il lettore scoprirà da solo la galleria delle personalità appartenenti alla famiglia materna dell'Autore. Il quale racconta come la nonna Pia Maria Zelo, morta nel 1961, nutrisse per lui il desiderio di adozione del suo cognome, ma il desiderio fu infranto dalla preoccupazione dei genitori di garantire uguaglianza tra i figli.
Nel dramma politico-religioso dell'Ottocento risorgimentale, rispetto al quale il movimento di revisione storiografica si sta incaricando di prendere le distanze da ogni tendenza al mito, Domenico Zelo fu figura degnissima di Vescovo Pastore, nella linea del concilio ecumenico Vaticano I. La sua morte avvenuta non in Aversa ma in Portici, l'Il Ottobre 1885, sembra assumere significato di attaccamento e di un amore quasi profetico per la resurrezione della Casa che ne reca il nome.
Ogni opera è perfettibile e quelle incompiute non sono rare. Per la presente resto ammirato della passione e dello spirito di sacrificio che, per mia personale testimonianza, hanno sorretto l'instacabile fatica dell'Autore.
Egli ci dona un lavoro ricco di dati e documenti, ripercorribili peraltro attraverso gli accurati preziosi indici. Deve sentirsene profondamente soddisfatto, nella consapevolezza di aver recato un significativo contributo a una migliore più approfondita conoscenza dei tanti tesori della nostra regione, quale nuovo originale tassello alla storia del Mezzogiorno, florilegio culturale, impreziosito dal corredo di autentiche icone d'arte che illuminano la mente e vivificano di gentili sentimenti l'animo umano.
Aversa, lì 23 Dicembre 2012