aniello_falconeAutore: Achille della Ragione
Titolo: Aniello Falcone. Opera completa.
Descrizione: Edizione in formato 4° (cm 29,5 x 21); 64 pagine; 100 illustrazioni in b/n e a colori.
Luogo, Editore, data: Napoli, Napoli Arte, 2008
Disponibilita': No

 


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Si tratta della prima e unica monografia disponibile su questo artista del quale viene proposta per la prima volta una trattazione completa della sua opera pittorica, arricchita da un consistente numero di recenti scoperte ed attribuzioni. Impeccabile è l'iconografia con quasi 100 immagini di cui molte a colori, tra le quali moltissimi inediti e la bibliografia, che conta oltre 120 citazioni e costituisce una base di partenza per gli studiosi che vogliano approfondire gli studi sull'artista, sul quale finora non esisteva nessuna monografia.



Il libro dopo aver trattato della vita dell'artista dedica capitoli specifici alla sua produzione grafica, agli affreschi, ai quadri di battaglia, ai dipinti di diverso soggetto, ai documenti, alla bottega, con particolare attenzione al pittore Carlo Coppola ed infine alla bibliografia.

Pittore, anzi Oracolo di battaglie, di soggetti sacri e profani, di tele a passo ridotto e secondo le fonti anche di natura morta, il Falcone è una complessa personalita' ed un importante caposcuola.

Giovanissimo, la sua pittura manifesta elementi di naturalismo di derivazione riberiana combinati con suggestioni derivanti dai Bamboccianti, attivi con successo a Roma, ma notevole è anche l'influenza del Velazquez, che il Falcone conosce a Napoli nel 1630 e dal quale apprende l'essenzialita' del racconto ed i sottili giochi di luce sulle armature dei soldati.

Negli anni successivi vi è una svolta nella sua produzione artistica, che si orienta verso il classicismo romano bolognese, per arricchirsi in seguito delle conoscenze della scuola neoveneta, della pittura del Grechetto, delle ricerche del Poussin e per ultimo, inevitabile a Napoli, per risentire dell'influsso di Massimo Stanzione e di Artemisia Gentileschi.

La grande notorieta' del Falcone è legata alla pittura di battaglia, un genere che ebbe molto successo a Napoli nel Seicento, con una grande domanda da parte di una committenza laica e borghese ed una benevolenza da parte della Chiesa, con alcuni ordini, come i Domenicani, che richiedono agli artisti dipinti raffiguranti episodi di vittorie della Cristianita' contro gli infedeli.

L'Oracolo fu il soprannome che si meritò il Falcone, autore di un particolare tipo di battaglia senza eroi, estrema personalissima interpretazione del messaggio caravaggesco in cui la mischia è la vera dominatrice della scena, ove si esprime sovrana l'inestinguibile ferocia degli uomini, il tutto espresso con una tavolozza dai colori vivi e marcati, che danno l'impressione che il nostro artista abbia voluto con essi ricalcare l'asprezza dei combattimenti e l'animosita' dei cavalieri.

Il suo successo internazionale fu favorito dall'opera di Gaspare Roomer, il suo mercante, grande collezionista d'arte, che inondò l'Europa con le sue battaglie, facendo crescere a dismisura la sua notorieta', il che gli permise di ottenere una prestigiosa commissione di una serie di tele con scene dell'antico mondo romano, oggi conservata al Prado. L'ordine gli fu affidato dal viceré, duca di Medina, per conto di Filippo IV e con lui collaborò la sua bottega quasi al completo: De Lione, Codazzi, Micco Spadaro, De Simone, nonché Cesare Fracanzano. Le tele seguendo un non ben identificato progetto iconografico, rappresentano l'apice del classicismo napoletano e risentono dell'influsso del Poussin e della sua cerchia romana.

L'esame dettagliato delle sue opere ci permette di seguire gradualmente lo svolgimento della sua attivita' artistica.

La Maestra di scuola, gia' presso le prestigiose collezioni Spencer ad Althorp House e Wildestein a New York ed oggi finalmente a Capodimonte, è forse la sua opera piu' antica nella quale è tangibile, come gia' rivelò Longhi, la conoscenza del Velazquez e lo stile dei caravaggisti a passo ridotto.

Di poco successiva la Battaglia del Louvre, datata 1631, costituisce un'autentica silloge della pittura naturalistica del terzo decennio a Napoli.

Dopo il 1635 l'influsso del Grechetto, presente in citta', mutò notevolmente lo stile del Falcone, tanto che il suo famoso Concerto fu a lungo creduto opera dello stesso Castiglione.

La Fuga in Egitto del Duomo di Napoli, firmata e datata 1641, ci rivela l'influsso stanzionesco, anzi piu' precisamente guariniano stanzionesco come ben rivelò il Causa, che nell'Elemosina di Santa Lucia di Capodimonte ravvisò "un unicum della pittura napoletana, quasi un Le Nain di piu' smagliante e decantata tessitura cromatica, oltre che di ben diversamente marcata qualificazione plastica".

E poi il Martirio di San Gennaro nella Solfatara, ricordato dettagliatamente dalle fonti, solo da poco ricomparso sul mercato antiquariale ed oggi in collezione privata napoletana. Dipinto di eccezionale qualita', tra i piu' importanti del Seicento napoletano, per la monumentalita' dell'impianto compositivo, per la definizione dei personaggi e per la ricchezza dei particolari.

Abile e prolifico come disegnatore, il Falcone è stato inoltre l'artefice a Napoli di numerose serie di affreschi: nel 1640 lavora nella cappella Sant'Agata in San Paolo Maggiore con risultati stilisticamente vicini alla Battaglia del Louvre; quindi esegue una serie di combattimenti e Storie di Mosè sulle pareti della villa Bisignano a Barra, in passato sfarzosa dimora estiva del suo mecenate Gaspare Roomer, il ricchissimo banchiere fiammingo, mercante di opere d'arte. Ed in tali affreschi, datati al 1647 e di recente riportati all'antico splendore, evidente è l'influsso del Poussin, a rafforzare l'ipotesi, in passato avanzata dalla critica, della presenza ispiratrice di numerosi lavori dell'artista francese nelle piu' famose collezioni napoletane. Il ciclo di affreschi con la Storie di Sant'Ignazio nella sacrestia del Gesu' Nuovo, purtroppo gravemente danneggiati da un incendio del 1963, è collocabile nella piena maturita' dell'artista entro il 1652 ed infine recentissima la scoperta nella chiesa di San Giorgio Maggiore, nascosto per quasi tre secoli dietro vecchi teloni settecenteschi, di uno splendido affresco raffigurante San Giorgio che, in groppa ad un cavallo impennato, lancia alla mano, affronta ed uccide il perfido drago.

La bottega del Falcone, in cui dal 1638 si tenne anche una vera e propria accademia di nudo, fu fucina di talenti e frequentata da quella folta schiera di artisti che divennero specialisti nella tematica del martirio dei santi a figure terzine, nei capricci architettonici, nei quadri di paesaggio e di battaglia e, secondo studi recenti, fu importante anche per la nascita e lo sviluppo della natura morta napoletana, perché frequentata oltre che dal Porpora, anche da Luca Forte. Un gruppo molto unito sia sul lavoro che fuori di esso, composto da: Andrea ed Onofrio De Lione, Carlo Coppola, Niccolò De Simone, Salvator Rosa, Marzio Masturzo, Domenico Gargiulo, Paolo Porpora, Giuseppe Marullo, Cesare e Francesco Fracanzano, Andrea e Nicola Vaccaro e il bergamasco Viviano Codazzi.

 


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