Autore: Attilio Veraldi
Titolo: La mazzetta
Romanzo
Introduzione di Ernesto Ferrero.
Descrizione: Volume in 16°; 240 pagine
Luogo, Editore, data: Roma, Avagliano, 2001
Collana: I Tornesi
ISBN: 88-8309-059-4
Disponibilita': No
Scomparso a Montecarlo nel ‘99, Attilio Veraldi non meritava di cadere nell'obsolescenza cui pareva oramai destinato. Sia reso onore, dunque, alle edizioni Avagliano, che hanno messo in cantiere la riproposizione della sua opera completa: ben otto romanzi, dei quali "La mazzetta" (1976) e "Naso di cane" (1982) sono probabilmente i meglio riusciti.
Trasposto pel cinema nel ‘78 da Sergio Corbucci, in un film interpretato con bravura e un pizzico di ruffianeria da Manfredi, "La mazzetta" si colloca tra gli esordi più atipici della nostra letteratura: non ancora esistendo una consacrata tradizione indigena del brivido (Giorgio Scerbanenco avrà il suo meritato riconoscimento assai dopo), esso trova solo nel fortunato "La donna della domenica" (1972) un plausibile apripista. Ma, rispetto alle eleganti trame subalpine di Fruttero&Lucentini, l'opera prima di Veraldi possiede maggiori ambizioni: dietro le peripezie dell'avvocaticchio Sasà Iovine - perso appresso al danaro guadagnatosi quale tramite in un losco affare per i pubblici appalti delle fognature - s'intravvede uno scenario atroce di camorra e ammazzamenti, di degrado e corruttela che annuncia una mutazione destinata di lì a poco a squassar la pancia del paese. Parliamo del rapido passaggio dalle illusioni del boom alla realtà d'una nazione infettata dal colludere di politica e affarismo: col corollario d'un ipertrofico sfascio morale ancor più evidente nello scenario campano, ove disoccupazione e disagio figliano senza posa i malavitosi di piccolo cabotaggio del quale Ciro "Naso di cane" - protagonista dell'omonimo libro - è calzante esempio. Mossa e colorita, la scrittura di Veraldi risulta ancora molto piacevole: i barocchismi che abbonderanno nella pagine di certi epigoni tricolori sono tutti di là da venire, ma l'asciuttezza del Nostro - giallista sui generis, con una vocazione d'antropologo che s'affaccia ad ogni pie' sospinto - è oggi virtù rara; vieppiù apprezzabile in tempi di esagerazioni tarantiniane.
Tratto dal sito web Italica
Trasposto pel cinema nel ‘78 da Sergio Corbucci, in un film interpretato con bravura e un pizzico di ruffianeria da Manfredi, "La mazzetta" si colloca tra gli esordi più atipici della nostra letteratura: non ancora esistendo una consacrata tradizione indigena del brivido (Giorgio Scerbanenco avrà il suo meritato riconoscimento assai dopo), esso trova solo nel fortunato "La donna della domenica" (1972) un plausibile apripista. Ma, rispetto alle eleganti trame subalpine di Fruttero&Lucentini, l'opera prima di Veraldi possiede maggiori ambizioni: dietro le peripezie dell'avvocaticchio Sasà Iovine - perso appresso al danaro guadagnatosi quale tramite in un losco affare per i pubblici appalti delle fognature - s'intravvede uno scenario atroce di camorra e ammazzamenti, di degrado e corruttela che annuncia una mutazione destinata di lì a poco a squassar la pancia del paese. Parliamo del rapido passaggio dalle illusioni del boom alla realtà d'una nazione infettata dal colludere di politica e affarismo: col corollario d'un ipertrofico sfascio morale ancor più evidente nello scenario campano, ove disoccupazione e disagio figliano senza posa i malavitosi di piccolo cabotaggio del quale Ciro "Naso di cane" - protagonista dell'omonimo libro - è calzante esempio. Mossa e colorita, la scrittura di Veraldi risulta ancora molto piacevole: i barocchismi che abbonderanno nella pagine di certi epigoni tricolori sono tutti di là da venire, ma l'asciuttezza del Nostro - giallista sui generis, con una vocazione d'antropologo che s'affaccia ad ogni pie' sospinto - è oggi virtù rara; vieppiù apprezzabile in tempi di esagerazioni tarantiniane.
Tratto dal sito web Italica