Autore: Salvatore Di Giacomo
Titolo: Ferdinando IV e il suo ultimo amore.
Descrizione: Volume in 8° (cm 22 x 13,5); pagg. 192.
Luogo, Editore, data: Venosa (PZ), Osanna, 2000
ISBN: 9788881672110
Prezzo: Euro 12,00
Disponibilita': In commercio
L'otto settembre 1814, nel castello di Hetzndorf alle porte di Vienna - lontano dal suo regno e dal suo sposo Ferdinando IV - moriva, sessantaduenne, Maria Carolina, regina di Napoli, colei che alla storia s'era gia' consegnata come la "giustiziera del Novantanove". In "spaventosa solitudine": quella solitudine che ora, nell'ultimo sonno, le imprimeva sul volto "lo stampo della tristezza e di una infinita stanchezza".
Malinconica uscita di scena per una donna che aveva saputo portare sul capo una delle piu' fulgide corone d'Europa. E tuttavia, ancor piu' triste diventa l'implacabile silenzio con cui, assieme a quel corpo, fu seppellita la memoria stessa.
Infatti, neppure cento giorni erano trascorsi quando ella venne sostituita non solo nel cuore del vedovo re, ma anche su quel trono dal quale, negli ultimi suoi anni, "aveva percorso con occhi sgranati dal terrore e dalla collera, il suo bel regno in fiamme".
"E cosi' Maria Carolina fu dimenticata del tutto" - recita l'epilogo del primo atto di questa grande suggestiva rappresentazione, Ferdinando IV e il suo ultimo amore, come la chiusa fulminante di un dramma scespiriano. In quello stesso 1814, il 27 novembre, Ferdinando IV si univa, a Palermo, in morganatico matrimonio, con la bella e avvenente donna Lucia Migliaccio, quarantaquattrene siciliana, vedova del principe di Partanna; lui, il "non inconsolabile vedovo" di Maria Carolina, ne contava, di anni, sessantaquattro.
Libero dalla tutela testarda e tirannica dell'Austriaca; felice, ora, di consegnarsi a nuova tutela: ma, questa volta, docile e conciliante, com'era nel carattere della nuova regina: "Che bella cosa! - amava ripetere il Re, contemplandosi nella ritrovata fanciullezza - Ho una moglie che mi lascia fare quello che voglio e un ministro [Medici] che non mi lascia niente da fare". Gli svaghi preferiti: la pesca e le battute di caccia, con i loro incredibili rituali che facevano il giro nelle corti d'Europa; e gli ozi di San Leucio e quelli nella Villa di cui fece omaggio alla regina e che da lei prese nome "Floridiana". Poi, nel giugno 1815, il ritorno a Napoli e il trono riguadagnato, sotto tutela (ancora un riparo per la fragile psicologia di Ferdinando) dell'Austria.
Questo il filo, apparentemente esile, di quello che potrebbe sembrare solo il racconto di una vicenda intima, sia pure di sovrani; ma, svolgendolo con perizia di storico e maestria di ineguagliabile affabulatore, Salvatore Di Giacomo riesce a disegnare uno scenario in cui si intrecciano piccoli e grandi eventi della storia, curiosita' e aneddoti, squarci di una Napoli incredibilmente sempre viva e palpitante, dove si muovono personaggi di ogni risma e levatura, in un arco di tempo che dalla rivoluzione del 1799 trova il punto di epilogo nella morte di re Ferdinando, nel 1825, e in quella della duchessa di Floridia, seguita l'anno dopo.
"Quando - ha scritto Salvatore Di Giacomo nella Storia del Teatro San Carlino - ho avuto per le mani le vecchie carte ingiallite dell'Archivio di Stato, ho capito nella novella emozione, come l'odore stantio di certe carte graffiate dalla penna d'oca possa inebriare cosi' dolcemente gli studiosi pazienti... In verita' non e stata colpa mia se io, talvolta spogliando i fasci dell'Archivio, ho avuto un sogno...": è questo, notava un critico, il filtro magico che le Sirene preparano per i poeti, capaci di cogliere, essi soli, le voci potenti e terribili che gridano dalle carte ingiallite degli Archivi; capaci, essi soli, di raccogliere da esse quello che trascende l'arida cronaca e dargli volo, come soffio di umanita', caldo e malinconico.