Titolo: Le porcellane francesi nei musei di Napoli
Descrizione: Volume rilegato in tela, con sovraccoperta illustrata, in cofanetto rigido, in formato 4° (cm 30 x 24); 420 pagine; circa 300 splendide illustrazioni a colori ed in b/n; edizione non venale
Luogo, Editore, data: Cava de' Tirreni (SA), Emilio Di Mauro per il Banco di Napoli, 1974
Prezzo: Euro 100,00
Disponibilita': 1 esemplare disponibile
Le porcellane, come ogni altro tipo di oggetti d'arte portatili, seguono la fatale legge della mobilità, quando, a causa della loro fragilità, non soggiacciono alla più dura legge della distruzione. Rapite in un vortice capriccioso e imprevedibile, sono disperse e di volta in volta riunite e nuovamente scompaginate, del tutto a caso, da un angolo all'altro del mondo, seguendo l'alterna fortuna dei tempi, la mutevole legge della moda, il riflesso delle umane vicende. Tracce e connessioni, raggruppamenti e legami, che avevano significato all'origine, sono interrotti, sconvolti, smarriti, rendendo impossibile altra identificazione o ricollocazione storica, che non sia quella affidata alla sagacia, all'esperienza, all'intuizione del conoscitore. Il commercio, naturalmente, è oggi il principale veicolo di siffatte migrazioni. Ad esse un ostacolo, un freno è opposto soltanto dal collezionismo, con soste più o meno lunghe, secondo la durata di una vita o di una fortuna: entrambe, si sa quanto effimere. A meno che il collezionista, felicemente tramutandosi in mecenate, non scelga in fine la devoluzione al museo, assicurando così, nel medesimo tempo, il consolidamento ideale e pratico e definitivo della propria raccolta e la immissione di essa nel più grande circuito dei beni culturali offerti al pubblico godimento. È stata questa la buona sorte della massima parte delle porcellane illustrate nel presente volume: provengono i gruppi più cospicui per qualità e quantità principalmente da raccolte private, compiute nel corso di circa un secolo da appassionati collezionisti napoletani, seguaci d'una voga arrivata con qualche ritardo fra noi dalla Francia e soprattutto dall'Inghilterra, ma in tempi ancora propizi alla disponibilità di scelta, agli acquisti di prima mano e a valutazioni venali non iperboliche come si son viste poi, per non dire dei tempi attuali. A Napoli la porcellana d'arte si poteva dire di casa, in grazia del potere attrattivo esercitato dalla fama e dal prestigio della fabbrica borbonica di Capodimonte. Quanto di quella eletta produzione, e degli scambi con prodotti di manifatture straniere favoriti dalla vita della corte, è rimasto nelle guardarobe delle sue reggie, è soltanto parte minima, residuo di distruzioni e dispersioni incalcolabili delle consistenze originarie. Così il rimpiazzo operato dal mecenatismo privato - che si configura nei nomi del Duca di Martina, di Mario De Ciccio, di Filippo Perrone, della Principessa Pignatelli Aragona Cortes - è valso a ricostituire un inventano ben cospicuo per scelta e varietà. Basterebbe a dimostrarlo la possibilità di isolare dal complesso di quelle collezioni un nucleo così consistente di esemplari delle sole, pur preminenti, manifatture francesi del XVIII e del XIX secolo, per di più rimasti finora quasi tutti inediti, da giustificare che alla loro particolare illustrazione, nell'inquadratura preliminare della vicenda storica di quell'attività, si sia dedicata un'apposita accurata ricerca, e se ne dia ora conto nel presente volume, che vogliamo augurare, e osiamo prevedere, possa essere accolto con favore dagli studiosi e dagli amatori d'arte, oltre che come un utile nuovo strumento di consultazione e di studio, come un positivo contributo alla migliore conoscenza di un capitolo fondamentale della storia della porcellana.
Brumo Molajoli
Brumo Molajoli