Curatore: Pino Simonetti
Titolo: Domenico Failla. Opere
Testi di Ermanno Corsi, Tonino Massimo Perrot, Pino Simonetti, Matilde Serao
Descrizione: Volume in formato 8° oblungo (cm 20 x 20); 48 pagine; 30 tavole a colori
Luogo, Editore, data: s.l., Editrice Accademia Mater Mediterranea, 1997
Prezzo: Euro 15,00
Disponibilità: 1 esemplare
Pittura in movimento è la definizione di un nuovo filone artistico di cui Domenico Failla si propone quale capostipite: il movimento infatti è la chiave di lettura per accedere all’interno delle sue opere, per cogliere tutta l’essenza degli elementi naturali e dei colori.
Il movimento è inteso come forza degli elementi che trasmette un messaggio di speranza e di fiducia nella vita in tutta la sua forza. È un bisogno dell’artista quello di fissare nella pura emozionalità i movimenti di una visione che esalta la grande stagione dell’uomo all’interno di un percorso che, nella sovrapposizione delle frequenze, si apre alle suggestioni dei toni e delle forme nell’ansia di smuo-vere e sommuovere il terreno culturale dell’arte napoletana, senza dimenticare le innovazioni formali che sono vere innovazioni perché sono innovazioni di pensiero e di vita.
Da questa breve premessa è più agevole accostarsi alla pittura di questo singolare artista. Nato a Squillace (CZ), in tenera età trasferitosi a Napoli, ha sempre conservato il ricordo lontano di un bel Natale nel suo paese natio: il Natale in cui il papà gli donò una scatola di colori, regalo per quei tempi fuori dell’ordinario, e con quella tavolozza iniziò a scoprire la meraviglia del colore e ad iniziare quella continua ricerca che ancora oggi, ovviamente in modo diverso, porta avanti insieme alle emozioni che, da studente liceale, gli ispirarono i colori dei dipinti di Cezanne, Renoir e Sassu.
Nelle sue opere, la poesia e la cultura partenopea si mescolano con le sue origini calabresi, un mix di culture e colori che caratterizzano fortemente le sue opere. Come sostenevano i più illustri umanisti, la pittura è la vera sorella della poesia, due modi di fare arte che si intrecciano e si integrano vicendevolmente.
Bisogna riconoscere a Failla aspetti inediti nella esecuzione delle sue opere, affidate ad un linguaggio cromatico fuori dalle convenzioni precostituite dove le sensazioni vengono fuori dai colori violenti ma nel contempo sono piene di poesia e di riflessione.
Il rigore realistico delle sue opere pone l’elemento essenziale in piena luce in forme contrastate di colori, utilizzando la tavolozza come riflettore teatrale o cinematografico dove le alette laterali mettono in ombra ciò che non si vuole evidenziare ma viene illuminato dove si vuole evidenziare l’immagine o l’oggetto.
Nelle opere che riguardano la città di Napoli gioca molto il chiaroscuro di luci e ombre; le strade, le piazze, i vicoli, ci danno la sensazione di una città che si è fermata nel tempo. La città bassa, la città operosa, laboriosa, degli artisti e del popolo che doveva sbarcare il lunario per sopravvivere al quotidiano; la città della Serao, distinta dall’altra città, quella alta della zona di Posillipo, dove risiedeva la nobiltà oziosa e dissipata; due città in netta contrapposizione tra di loro.
È proprio questa la città cara a Failla, la città che ha voluto dipingere, i suoi contrasti di ieri che continuano ancora oggi alla fine del secondo millennio; una città continuamente ricca di poesie e di contraddizioni, “ ... Fiammeggiano le albe riflesse sul mare; fiammeggiano i meriggi lenti e voluttuosi riflessi sul mare; s’incendiano i tramonti sanguigni riflessi sul mare che pare sangue. È il mare del popolo, mare laborioso, fedele e fruttifero, mare amante ed amato per cui vive e con cui vive il popolo napoletano”.
Questa citazione, tratta da “Il mare di Napoli” della Serao, sembra sia stata scritta apposta per le opere del Failla, dove troviamo, quale altro elemento essenziale, il mare in tempesta, con i suoi colori cupi e burrascosi, dominati però sempre da un bagliore di luce che diventa speranza di vita: “ ... Marina e cielo già stanno in notturno amplesso confusi, i bassi fondi ribollono e dalle chiare acque sorge azzurra la notte...”, “...Perciò avanti, o nave! avanti! avanti sempre, verso settentrione! Bella notte del mezzogiorno, spiega il tuo manto stellato, sorgi, o luna, illumina le ombre notturne affinché più chiara mi arrida l’onda. Io non mi lagno, questa vita è finita, ed aspetto tranquillamente quello che sarà per apportare l’avvenire...”.Questa citazione di Kindel rispecchia l’animo di Failla quando dipinge i suoi mari in tempesta con le sue imbarcazioni in balia delle onde, dove si evince un avvenire prossimo a realizzarsi. Il senso di questa attesa ci è dato dai bagliori di luce che come squarci violenti incombono sulle onde in una sorta dl conflitto tra onde violente e forza brutale dei venti. Fra queste onde, il Vesuvio, come se “sorgesse maestoso il Vesuvio nella sua veste violacea con una lieve pannocchia di fumo!”; Ivan Vazov scrive: “Ne la corazza sua di lava nera, presso l’azzurro mar, solo ed irato, scuro gigante levasi il Vesuvio, e il ciel annebbia col suo denso fiato”. È proprio questa la sensazione dell’opera di Failla dal titolo: ‘L’eruzione del 79 d.C.”. La colata di fuoco s’apre come un gigantesco fiore pieno di luce e di vita, distrugge e nello stesso tempo rigenera. Nella pittura di Domenico Failla il dualismo tra poesia e pittura è continuo, come è continuo il dualismo tra la sua cultura nativa con quella partenopea, fuso però in perfetta armonia ed equilibrio tra forme e colori. Mi piace concludere questa breve presentazione sull’opera del Maestro Failla citando l’ultima parte del brano “Il mare di Napoli” della Matilde Serao: “... Quando il Signore ebbe dato a noi il nostro bel golfo, udite quello che la sacrilega leggenda gli fa dire: uditelo voi, anima glaciale e cuore inerte. Egli disse: “Sii felice per quello che t’ho dato, e se non lo puoi, se l’incurabile dolore ti traversa l’anima, muori nelle onde glauche del mare...”
Articolo di Pino Simonetti, pubblicato su "La Rassegna d'Ischia 5/2001