Autore: Raffaele De Cesare
Titolo: La fine di un regno.
Introduzione di Atanasio Mozzillo.
Ristampa anastatica fedelissima all'edizione del 1909.
Descrizione: Tre tomi stampati su carta vergata e racchiusi in elegante cofanetto rigido telato; copertine cartonate in imitlin.
Tiratura limitata a 999 esemplari + XIX riservati all'editore, numerati progressivamente a mano.
Pagg. XX + 1200 circa; formato cm 24 x 16.
Luogo, Editore, data: Sorrento (NA), Franco Di Mauro, 2003
Collana: Neapolitana Elegans n. 5.
Prezzo: Euro 130,00
ISBN: 8887365253
Disponibilita': In commercio
La fine di un regno resta un libro chiave nella pur massiccia bíbliografia accumulatasi negli anni intorno all'ultimo periodo della monarchia borbonica nelle Due Sicilie.
Pubblicato a cavallo tra diciannovesimo e Ventesimo secolo, cioè oltre un secolo fa, La fine di un regno mantiene, intatto il suo valore. Un valore che trae forza sia dal rigore scientifico che dalla capacita' di trasporre questo rigore in tutta la vasta materia racchiusa nel tre volumi dell'Opera ripresentata nell'edizione dei 1909.
Si richiama l'attenzione sul metodo che Il De Cesare volle adottare per avvicinarsi a un piu' vasto, se pur selezionato, pubblico di lettori.
In effetti De Cesare non fu uno storico, almeno in senso accademico, ma la lontananza dall'universita' gli permise di puntare a una resa assai piu' vivace ai fini della fruizione. Caratterizzata cioè da scioltezza di linguaggio, documentazione in larga parte fondata su testimonianze dei sopravvissuti, capacita' di inserire la "storia orale" in un discorso che si allarga alle ragioni della "grande storia".
E, infine, quel che conta di più, egli seppe riconoscere ai "vinti" quei meriti che pure essi ebbero, e che soltanto una sparuta pattuglia di spiriti indipendenti ebbe il coraggio di proclamare, In sostanza la storiografia sugli ultimi Borbone è divisa in due schiere, accomunate da un giudizio estremamente radicale sugli credi di Ferdinando II: esaltazione da una parte, denigrazione dall'altra.
Quasi potrebbe dirsi che "tertium non datur". Tra De Sivo e Settembrini una via di mezzo è invece il nostro De Cesare. Il quale del resto, piu' che far storia con la maiuscola, si propone di ricostruire la vita quotidiana di un tempo dei quale si sente partecipe-, e quindi le, feste e le scuole, i signori e i lazzari, i principi e i briganti, i viaggi e gli interni borghesi, e poi i circoli e le caserme, le parrocchie e le associazioni, le accademie, le imprese commerciali, le industrie, le ferrovie. E su tutto, il personaggio straordinario Ferdinando II, che Stendhal definiva un vero re, perché, a parte i suoi "eccessi" assolutistici, piu' di ogni altro ebbe a cuore l'indipendenza del regno.