Nicola Sole
Nacque a Senise, provincia di Potenza, nel 1821 da Biagio Antonio e Raffaela Durso ma, a causa della prematura morte del padre, venne affidato e istruito dallo zio arciprete Giuseppe Antonio Sole. Nel 1831 venne mandato al seminario di Tursi, dove studiò fino al 1835. Nel 1836 iniziò a praticare studi di medicina, applicandosi prima presso San Chirico Raparo e poi a San Giorgio Lucano. All'età di 19 anni si trasferì a Napoli, studiando inizialmente medicina per poi passare a giurisprudenza, in cui conseguì la laurea nel 1845.
Nel frattempo iniziò a dedicarsi alla letteratura ed a frequentare importanti salotti letterari dell'epoca, dove era predominante in politica la corrente neoguelfa di Gioberti. Si trasferì a Potenza dove iniziò ad esercitare la professione di avvocato. Una causa che lo rese celebre fu la difesa di una donna, Giulia Pavese, che uccise il suocero dopo aver subito abusi e riuscì a far assolvere l'accusata, sostenendo la tesi che il delitto era stato compiuto per ragioni d'onore.[1]
Partecipò ai moti del 1848, acclamando pubblicamente la necessità della Costituzione. Caduto vittima della reazione di Ferdinando II, fu latitante tra il 1849 ed il 1852. Ma nel 1853, su invito del fratello sacerdote, si costituì chiedendo ed ottenendo l'amnistia. A causa di ciò venne emarginato dai suoi stessi compatrioti e si ritirò a Senise dove visse in completo isolamento, focalizzandosi sulla lettura e lo studio. In seguito rientrò a Napoli, dove continuò la professione di avvocato e la pubblicazione di poesie. Infine tornò definitivamente nel suo paese natale, dove morì nel 1859 a causa della tubercolosi.
(Brano tratto da Wikipedia)
Nel frattempo iniziò a dedicarsi alla letteratura ed a frequentare importanti salotti letterari dell'epoca, dove era predominante in politica la corrente neoguelfa di Gioberti. Si trasferì a Potenza dove iniziò ad esercitare la professione di avvocato. Una causa che lo rese celebre fu la difesa di una donna, Giulia Pavese, che uccise il suocero dopo aver subito abusi e riuscì a far assolvere l'accusata, sostenendo la tesi che il delitto era stato compiuto per ragioni d'onore.[1]
Partecipò ai moti del 1848, acclamando pubblicamente la necessità della Costituzione. Caduto vittima della reazione di Ferdinando II, fu latitante tra il 1849 ed il 1852. Ma nel 1853, su invito del fratello sacerdote, si costituì chiedendo ed ottenendo l'amnistia. A causa di ciò venne emarginato dai suoi stessi compatrioti e si ritirò a Senise dove visse in completo isolamento, focalizzandosi sulla lettura e lo studio. In seguito rientrò a Napoli, dove continuò la professione di avvocato e la pubblicazione di poesie. Infine tornò definitivamente nel suo paese natale, dove morì nel 1859 a causa della tubercolosi.
(Brano tratto da Wikipedia)