Giacinto de' Sivo
Biografia tratta da Wikipedia
Giacinto de' Sivo nacque in Terra di Lavoro da Aniello, ufficiale dell'Esercito delle Due Sicilie e da Maria Rosa Di Lucia. La famiglia de' Sivo ha una tradizione di fedeltà alla dinastia borbonica. Il nonno, anch'egli di nome Giacinto, nel 1799 aveva combattuto i repubblicani tra le file dell'esercito sanfedista del Cardinale Ruffo. Anche lo zio Antonio era un militare.
Dopo una infanzia trascorsa nelle proprietà familiari, frequentò la scuola del marchese Basilio Puoti (eminente maestro di lingua ed elocuzione italiana) a Napoli. Nel 1836, poco più che ventenne, pubblicò il suo primo libro, un volumetto di versi; quattro anni dopo pubblicò la prima tragedia, dedicata a Costantino Dracosa, ultimo imperatore di Costantinopoli. A questa faranno seguito altre sette tragedie di argomento storico ed un romanzo storico: Corrado Capece.
Nel 1844 sposò Costanza Gaetani dell'Aquila d'Aragona, figlia del conte Luigi, maresciallo di campo e aiutante generale del re, dalla quale ebbe tre figli.
Parallelamente allo svolgimento dell'attività letteraria ricoprì importanti ruoli dirigenziali nell'amministrazione dello Stato. Fece parte della Commissione per l'Istruzione Pubblica, poi - nel 1848 - fu nominato Consigliere d'Intendenza della provincia di Terra di Lavoro, con settecento uomini ai propri ordini, e nel gennaio 1849 fu comandante di una delle quattro compagnie della Guardia Nazionale di Maddaloni, fino allo scioglimento di questa milizia.
Gli avvenimenti internazionali del 1848-49 colpirono profondamente de' Sivo, spingendolo a scrivere un'opera di riflessione storica su tale biennio, che peraltro non diede alle stampe ma conservò nella propria casa.
Dal 1861 alla morte
Alla caduta di Napoli, de Sivo si proclamò fedele alla dinastia borbonica. Fu destituito dalla carica di consigliere d'Intendenza e arrestato (14 settembre 1860). La sua casa fu occupata per tre mesi da Nino Bixio, poi da Giuseppe Avezzana e, infine, da Carbonella. Gli venne resa dopo essere stata saccheggiata. I garibaldini gli sequestrarono anche il manoscritto che de' Sivo aveva redatto sugli avvenimenti del 1848-1849.
Scarcerato, fu arrestato nuovamente il 1º gennaio 1861 ed imprigionato per due mesi. Tornato libero, decise di lanciare la sua aperta sfida al nuovo regime fondando una rivista, la Tragicommedia, con la quale espresse pubblicamente la propria visione politica patriottica (che lui intendeva come il ripristino dei Borbone sul trono di Napoli). Il giornale fu soppresso dopo soli tre numeri. De' Sivo fu nuovamente arrestato il 6 settembre 1861. Posto di fronte alla scelta tra la sottomissione alla dinastia sabauda e l'esilio, il giorno 14 successivo partì per Roma, città che ospitava già Francesco II, assieme alla sua corte.
A Roma, capitale dello Stato Pontificio, continuò nell'esilio la sua attività pubblicistica.
Gli ultimi anni della sua vita furono dedicati alla difesa dell'identità nazionale del paese in cui era nato. Appartennero a questo periodo altre opere di ricostruzione storica. Nel 1863 de' Sivo portò a termine la Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, che rappresenta il culmine della sua produzione letteraria e storica.
Morì a cinquantadue anni, il 19 novembre 1867. Fu sepolto inizialmente nel cimitero del Verano. Nel maggio del 1960 le sue spoglie furono traslate nella natia Maddaloni.
Giacinto de' Sivo nacque in Terra di Lavoro da Aniello, ufficiale dell'Esercito delle Due Sicilie e da Maria Rosa Di Lucia. La famiglia de' Sivo ha una tradizione di fedeltà alla dinastia borbonica. Il nonno, anch'egli di nome Giacinto, nel 1799 aveva combattuto i repubblicani tra le file dell'esercito sanfedista del Cardinale Ruffo. Anche lo zio Antonio era un militare.
Dopo una infanzia trascorsa nelle proprietà familiari, frequentò la scuola del marchese Basilio Puoti (eminente maestro di lingua ed elocuzione italiana) a Napoli. Nel 1836, poco più che ventenne, pubblicò il suo primo libro, un volumetto di versi; quattro anni dopo pubblicò la prima tragedia, dedicata a Costantino Dracosa, ultimo imperatore di Costantinopoli. A questa faranno seguito altre sette tragedie di argomento storico ed un romanzo storico: Corrado Capece.
Nel 1844 sposò Costanza Gaetani dell'Aquila d'Aragona, figlia del conte Luigi, maresciallo di campo e aiutante generale del re, dalla quale ebbe tre figli.
Parallelamente allo svolgimento dell'attività letteraria ricoprì importanti ruoli dirigenziali nell'amministrazione dello Stato. Fece parte della Commissione per l'Istruzione Pubblica, poi - nel 1848 - fu nominato Consigliere d'Intendenza della provincia di Terra di Lavoro, con settecento uomini ai propri ordini, e nel gennaio 1849 fu comandante di una delle quattro compagnie della Guardia Nazionale di Maddaloni, fino allo scioglimento di questa milizia.
Gli avvenimenti internazionali del 1848-49 colpirono profondamente de' Sivo, spingendolo a scrivere un'opera di riflessione storica su tale biennio, che peraltro non diede alle stampe ma conservò nella propria casa.
Dal 1861 alla morte
Alla caduta di Napoli, de Sivo si proclamò fedele alla dinastia borbonica. Fu destituito dalla carica di consigliere d'Intendenza e arrestato (14 settembre 1860). La sua casa fu occupata per tre mesi da Nino Bixio, poi da Giuseppe Avezzana e, infine, da Carbonella. Gli venne resa dopo essere stata saccheggiata. I garibaldini gli sequestrarono anche il manoscritto che de' Sivo aveva redatto sugli avvenimenti del 1848-1849.
Scarcerato, fu arrestato nuovamente il 1º gennaio 1861 ed imprigionato per due mesi. Tornato libero, decise di lanciare la sua aperta sfida al nuovo regime fondando una rivista, la Tragicommedia, con la quale espresse pubblicamente la propria visione politica patriottica (che lui intendeva come il ripristino dei Borbone sul trono di Napoli). Il giornale fu soppresso dopo soli tre numeri. De' Sivo fu nuovamente arrestato il 6 settembre 1861. Posto di fronte alla scelta tra la sottomissione alla dinastia sabauda e l'esilio, il giorno 14 successivo partì per Roma, città che ospitava già Francesco II, assieme alla sua corte.
A Roma, capitale dello Stato Pontificio, continuò nell'esilio la sua attività pubblicistica.
Gli ultimi anni della sua vita furono dedicati alla difesa dell'identità nazionale del paese in cui era nato. Appartennero a questo periodo altre opere di ricostruzione storica. Nel 1863 de' Sivo portò a termine la Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, che rappresenta il culmine della sua produzione letteraria e storica.
Morì a cinquantadue anni, il 19 novembre 1867. Fu sepolto inizialmente nel cimitero del Verano. Nel maggio del 1960 le sue spoglie furono traslate nella natia Maddaloni.