Ritratto_o_Modello_Del_Tufo_pAutore: Giovan Battista Del Tufo
Titolo: Ritratto o modello delle grandezze, delizie e maraviglie della nobilissima citta' di Napoli.
Testo e introduzione a cura di Olga Silvana Casale
Commento di Maria Teresa Colotti
Descrizione: Edizione in formato 8°; pp. LVI-664, con 8 tavv. f.t. a colori e in b/n, alcune ripiegate, con sopraccoperta a colori.
Luogo, Editore, data: Roma, Salerno Editrice, aprile 2007
Collana: Documenti di Poesia
Prezzo: Euro 75,00
ISBN: 8884025400, 9788884025401
Disponibilita': In commercio

 


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L'opera del marchese Giovan Battista Del Tufo, composta intorno al 1588, è ancor oggi considerata tra le testimonianze piu' preziose e antiche della cultura e del folklore napoletano.
Da sempre, infatti, ad essa hanno attinto e continuano ad attingere folkloristi, antropologi, linguisti, lessicografi ed eruditi in genere.


L'edizione che ora vede la luce, per la prima volta curata e commentata, presenta un ritratto iridescente della capitale del Viceregno meridionale, illustrandone, a volte persino in esplicita polemica con Milano e la societa' milanese, gli infiniti aspetti scintillanti: dalla cultura alla cucina, dal dialetto alle tradizioni, dai costumi alle feste e balli, che oggi contraddistinguono Napoli in tutto il mondo.

Dalla recensione di Emma Giammattei (Il Mattino - 28 aprile 2007)
Il Ritratto si presenta come una summa di tutte le notizie concernenti la «nobilissima citta' di Napoli», organizzate secondo una analitica mappa della memoria personale e del memorabile. La descrizione, in versi polimetri, si svolge, all'insegna della continua variazione metrico-linguistica, come diario di viaggio, in sette «Ragionamenti», uno per ogni giorno della settimana, ciascuno dedicato a uno speciale aspetto della citta': dai luoghi strategici allo smisurato elenco dei prodotti gastronomici, dal Sole all'Aurora, dalle arti alle professioni, dai piaceri agli Ospedali, dalla Piedigrotta ai Monasteri. Tutto vi è attestato, toccato, assaporato, con sensualita' controriformistica, fino alle pagine squillanti sulla lingua napoletana, contrapposta, per la molteplicita' dei suoi registri, gentili e plebei, alla rozzezza dei «Mai de, vien za', oibò, miga, ne gotta», dei dialetti settentrionali. Il testo prende impulso da una considerazione nostalgica e difensiva della Patria napoletana, per addentrarsi man mano con curiosita' bramosa nei labirinti della topografia urbana, scena gremita di cose e persone, animata da una gia' inconfondibile colonna sonora. Le voci fantasiose degli ambulanti, i giochi di parole, le sequenze proverbiali, le metafore alimentari, duplicano ogni squarcio.

 


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